Autore: Paolo Giardina Topic: Sull'essere pecora dell'uomo, cinque tesi dimostrative.  (Letto 2923 volte)

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             Osservare la natura è un'immensa emozione, che coinvolge tutti i sensi.
Nella sua “imperfezione apparente” insiste quel suo essere sublime, ma ama nascondersi e prendesi gioco di noi. A differenza delle produzioni umane, che sono “apparentemente perfette”, simmetriche, dove ogni cosa è al suo posto, ma spesso non funzionali, la natura, quello che insiste sulla terra, calpestiamo evediamo, sprigiona dalla sua apparente imperfezione una funzionalità assoluta, nasconde il suo essere compiuto. Tutto ciò che guardiamo in natura ci sembra “irreale”, disordinato, quasi fuori posto. Ecco che l'intelletto umano, nella sua maggiore estensione, produce una serie di azioni volte a trasformare quella compiutezza, rendendo la natura ai nostri occhi illusoriamente perfetta, umana, per cui mortale.

   Forse, tra le meraviglie della natura, quella che ci è parsa da sempre perfetta, esemplare è  il comportamento di un “gregge di pecore”. Immaginiamolo.
           Un gruppo di esseri, che si diverte, che gioca, che sprigiona da tutti i pori un'immensa voglia di vivere, insomma uno spettacolo. Un movimento unico, all'unisono e coordinato nel pensiero e nell'atto. Tutte le pecore, si muovono nella stessa direzione, tutte le pecore si comportano allo stesso modo. Se una salta, tutte saltano, se una va a destra, tutte vanno a destra, cosi, in un armonia assoluta non tra contrari, ma tra uguali.
Quando tutte insieme pensano la stessa cosa e agiscono allo stesso modo – sollevando a scienza la noetica - in quell'attimo si ergono a gregge di pecore. Con la presenza di una “pecora capitana”, allora è tutta una gioia, tutto un mostrarsi pecora, tutta un eccitazione ormonale collettiva, propriamente da gregge.
Ecco, l'immagine di un gregge è talmente perfetta che non sembra “natura”, per cui ci ha ispirato a coniare questa perfezione. Dolly, è soltanto un basso livello di clonazione somatica. L'essere pecora dell'uomo non si può comprendere neppure con un artifizio, ricorrendo alla mitologia. Il centauro o i satiri esprimono una perfetta eclissi interiore ed esteriore tra uomo e bestia. Qui esiste un vero prodigio della natura, dall'attimo in cui l'uomo, non muta il proprio apparire, continua a pavoneggiarsi nelle sue naturali sembianze, ma si piglia, si impossessa della mente di una bestia, nella fattispecie delle pecore.

Tesi dimostrative dell'essere pecora dell'uomo

1. Dell'erroneo stereotipo.
Esiste una diffusa certezza, tra gli umani, per cui le “pecore” sono gli altri, giammai noi. Ora, pur avendo collettivamente preso come esempio il comportamento di un gregge, abbiamo una pessima considerazione della pecora, non in quanto tale, ma nel suo essere in gregge, per cui siamo portati a considerare pecore in gregge, gli altri. Ognuno di noi “pensa di pensare” con la propria testolina, a differenza degli altri che invece sono pecore ed agiscono sulla base dei pensieri degli altri.
Senza tener conto della certezza che gli altri, siamo noi;

2. Donde nasce la pecoraggine.
La nostra “pecoraggine”, a differenza di come erroneamente si crede, non è maggiore quanto minori sono le nostre informazioni e/o conoscenze di cose fatti o persone, quanto al contrario. Maggiori sono le nostre conoscenze e/o informazioni maggiore è la nostra propensione alla pecoraggine. Il nostro grado di manifestazione della pecoraggine è proporzionale invece al nostro interesse individuale, il quale si perfeziona grazie alle informazioni ed alle conoscenze. Per cui, maggiore è l'interesse personale nelle cose, maggiore è l'esigenza di seguire il gregge, e quindi essere pecore;

3. Del totem della coerenza come logos della pecoraggine.
L'elemento che caratterizza la pecoraggine è la coerenza, apparente, di cui andiamo fieri e da cui abbiamo timore di allontanarci. Però, mica siamo coerenti con noi stessi, quanto con i capi gregge. Quello che sostiene il capo gregge pur essendo errato, trattandosi del capo, è giusto, a prescindere, per cui adattiamo le nostre propensioni a quello che dice. Siamo coerenti al capo gregge. Anche qui, si presta un universale: al cospetto di ogni tesi sostenuta, esiste un abbondanza di argomenti teoretici per puntellare quella economicamente a noi più conveniente.

4. La presunzione è pecora.
La presunzione scaturisce da due fondamentali elementi, l'ignoranza e i pregiudizi, che permangono anche in presenza del sapere e delle conoscenze. Questo elemento trova la sua massima espressione nell'affermare l'incapacità degli altri capi. Per cui tutto quello che dicono e fanno gli altri è errato. A priori, quello che dicono i nostri capi è divino, è espressione di verità incontrovertibile, ancor prima che si esprimono. Ecco l'assoluto: le regole del capo esistono nel suo pensiero, ancor prima di essere conosciute, ma diventano nostre nell'attimo in cui vengono pronunciate.

5. L'essere pecora di tutta l'umanità, anche dei capi.
Alcun uomo dei tempi passati, del presente che viviamo e del presente che verrà, può sottrarsi dall'essere pecora in gregge. Tutti, anche i capi rispondono a regole precise, una sorte di “Carta Costituzionale del gregge”. Anche i capi per essere tali, seguono il percorso del gregge, si tratta di uno scambio, che dura fino a quando conviene ad entrambi. Quanti tra noi sostengono di non essere gregge, ma di essere liberi nel celeberrimo arbitrio, sono soltanto “diversamente” pecore. Quando si accorgeranno di questa condizione, credeteci, percepiranno una delusione cosmica, tutto un mondo che crolla. 


L'uomo è nato libero, ma ovunque è una pecora.

Ma l'uomo è anche simile “o sceccu”, perché all'oro preferisce la paglia.
Ma quella “ro sceccu”, è tutta un altra storia, li si fermano tutti i treni che vagabondano in terra di trinacria.

paolo.giardina@virgilio.it

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« Ultima modifica: 17:11:17 pm, 30 Agosto 2014 da Paolo Giardina »

 

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