Autore: negi Topic: Lettera aperta all’On. Davide Faraone del Presidente di Zero Waste Sicilia  (Letto 4610 volte)

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Offline negi

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Lettera aperta all’On. Davide Faraone
Egr. On. Faraone,

Lei ha recentemente ripreso e rilanciato l’annuncio che il Consiglio dei Ministri ha attivato le procedure per l’ennesimo commissariamento della gestione dei materiali post-consumo – mi scuso di non riuscire a chiamarli rifiuti, come tutti – della Sicilia. Eppure Lei, che è stato deputato regionale, sicuramente sa che a partire dal 2000 e fino al 2013 la Regione Sicilia è stata commissariata in più turni, con la motivazione ufficiale di essere incapace di organizzare un sistema europeo di gestione degli scarti urbani ed industriali, ma in realtà con l’obbiettivo di imporre scelte non condivise dalla popolazione. I risultati di questi commissariamenti sono sotto gli occhi di tutti, e da Lei denunciati con forza solo oggi. Sulla carta, è la legge regionale 9 del 2010 ed il piano regionale dei rifiuti prodotto da una struttura commissariale e ministeriale che prevede, in ottemperanza di direttive europee, il 65% di RD ed il 50% di recupero di materia entro il 31/12/2015 . Ma un conto è scrivere una legge o redarre un piano, altro è operare concretamente per realizzarlo. Infatti gli stessi commissari fino ad oggi non hanno saputo, o potuto o voluto applicare questo piano, ma hanno tollerato tante illegalità ed inosservanze delle proprie delibere. Viene pertanto il dubbio che proprio il commissariamento possa essere una concausa della malattia invece che la cura, come la Commissione “ecoreati” (Pecorella) ha affermato nel 2013.
Due conticini della serva. Il valore dei materiali post-consumo, se interamente recuperati, che ogni anno in Sicilia vengono seppelliti inquinando è di circa 100 milioni di euro (40 euro a tonnellata per 2.5 milioni di tonnellate annue). Se si pensa che, il costo di conferimento da solo è di circa 100 euro a tonnellata, (forse perché non c’è il TMB?), si capisce che i padroni delle discariche rischiano di perdere oltre 200 milioni di euro l’anno. Ovviamente si oppongono in tutti i modi, anche quelli meno leciti, a che dai materiali post-consumo si possano ricavare quelle RISORSE PUBBLICHE (fino a 90-100 milioni/anno), nostre, dei siciliani. Purtroppo, la politica economica della Sicilia – e non solo! - consiste da troppo tempo nel trasformare risorse pubbliche nel lucro di pochi. Lei, quale politico siciliano di spicco, dovrebbe impegnarsi nel cambiare radicalmente questo stato di cose.
Purtroppo invece Lei rilancia la scellerata idea del governo di costruire due inceneritori in Sicilia con l’aggravante di voler gestire il sistema dei rifiuti attraverso gli strumenti dell’emergenza commissariale come peraltro avvenuto in passato senza alcun risultato, se non quello di alimentare l'emergenza medesima, e quindi l'inefficienza nel settore. Tale soluzione proposta è 1) antiscientifica ed inquinante, 2) contraria alle politiche europee, 3) non consente di uscire dall’emergenza, 4) manifesta sudditanza verso i potentati economici e 5) è contraria perfino al buon senso, come sto per argomentare. Ove volesse organizzare un confronto pubblico su questi temi fra i suoi esperti e la nostra associazione, ci dichiariamo da subito a Sua completa disposizione.
1)   Lei sostiene, riporto testualmente,: “ Nessuno ha parlato di inceneritori nel provvedimento del governo Renzi. C'è una programmazione nazionale - finalmente, direi - e si citano testualmente "impianti di recupero energetico", basati su moderne tecnologie a zero emissioni.” . Ora anche se “Nessuno ha parlato di inceneritori”, di impianti che inceneriscono spazzatura si parla, no? Chiamiamoli, dunque, col loro nome.  E la frase “moderne tecnologie a zero emissioni” è francamente una bufala. Infatti da perito chimico quale Lei è, dovrebbe ricordarsi che Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Quindi l’incenerimento non trasforma la spazzatura solo in energia, come a volte altri lasciano truffaldinamente intendere, ma in ceneri, scorie, gas serra (CO2), macroinquinanti (SOx, NOx, CO, ecc.), e microinquinanti (diossine, furani, metalli pesanti, polveri sottili ed ultrasottili), cioè emissioni o tossiche, o nocive o climalteranti. Le acque di scarico contengono idrocarburi policiclici aromatici, residui solidi sospesi, diossine e metalli pesanti. Si producono per ogni tonnellata incenerita da 200 a 300 Kg di scorie, cioè rifiuti speciali pericolosi che vanno smaltiti a costi almeno quadrupli in discariche appositamente attrezzate. Inoltre i sistemi di filtraggio più moderni recuperano solo dai 20 a 30 Kg per tonnellata di polveri tossiche (nessuno può o sa efficacemente intercettare nanopolveri o PM2.5), e se anche triplicassero la loro capacità, non intercetterebbero più di 100 Kg. Dove va a finire il resto? Con buona pace delle presunte tecnologie ad emissioni zero, va tutto nella discarica più grande che c’è e solo apparentemente gratuita: l’atmosfera. Cioè l’aria che noi ed i nostri figli vorremmo a buon diritto respirare. E poi nell’acqua che vorremmo bere, e nel terreno che vorremmo coltivare per nutrirci.
2)   L’Europa ci chiede ben altro. I vari organismi europei ci indicano da decenni la strada giusta nella gestione dei materiali post-consumo ed il ruolo strategico del recupero di materie prime seconde (MPS) per il futuro industriale del vecchio continente, fino a suggerire il concetto di economia circolare (ultima Risoluzione del P.E. del 09/07/2015). L’Europa si rende conto di non avere materie prime sufficienti per alimentare il suo imponente sistema industriale, ed è infatti costretta ad importarle. A causa della crescita dei paesi in via di sviluppo, la domanda nel mercato della materie prime è in forte crescita e la competizione è sempre più dura. Pertanto è presumibile che per l’Europa le materie prime scarseggeranno sempre di più, nel prossimo futuro. Così nel lungo termine si delinea lo spettro della crisi da scarsità di risorse (peraltro già iniziata) e persino la desertificazione industriale, con il dilagare della povertà e le conseguenze socio-economiche prevedibili. Ecco che in questo scenario diventa strategico il recupero di materia dai nostri scarti urbani ed industriali, fino a introdurre il divieto di incenerimento e smaltimento dei rifiuti riciclabili e compostabili (cioè tutti!) entro il 2025, nonché pensare alla discarica del futuro come il deposito temporaneo di materia, per “l’estrazione mineraria urbana” (punti 33 e 34 della Risoluzione del P.E. “Un Europa efficiente nell’uso della risorse” del 20/05/2012).
3)   L’iter che porta alla costruzione di un inceneritore potrebbe durare anche oltre un decennio. Sembra di capire dalle notizie circolate che questi due inceneritori avrebbero la capacità di 700.000 ton/anno (2,5 milioni per tutta l’Italia). Ora, non è chiaro cosa ne sarà dell’emergenza rifiuti fino alla loro entrata in funzione, ma quando funzioneranno che ne sarà dei rimanenti 1.800.000 di tonnellate di rifiuti urbani e speciali dei siciliani? Si aggiunga che a parità di costi si potrebbero dotare le discariche illegali siciliane degli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB), che metterebbero a norma gli stessi ed eviterebbero le sanzioni europee che il cittadino Pantalone sta pagando (200.000 ogni 6 mesi per ogni discarica illegale, 400.000 ogni sei mesi per ogni discarica illegale dismessa ma non bonificata). Non sono gli ambientalisti ad usare il “Kit dei conservatori”, è la soluzione inceneritori che non può essere venduta come l’uscita della Sicilia dai guai odierni.
4)   L’inceneritore è un grosso affare per chi lo gestisce. Infatti si fa pagare caro (si stima 180 euro/ton) per accettare i rifiuti da bruciare per poi vendere a caro prezzo la poca energia elettrica prodotta (fonti energetiche “assimilate” alle rinnovabili). È uno strano caso italiano, nel quale un imprenditore non acquista la materia prima per le sue produzioni ma si fa pagare per prenderla! E i cittadini pagano ben tre volte questa follia: non incassano il controvalore dei materiali recuperabili, pagano per il conferimento e pagano una maggiorazione delle bollette elettriche per gli incentivi  alla falsa energia rinnovabile. Come si diceva prima, si trasformano risorse pubbliche nel lauto affare di pochi, con la complicità della cattiva politica.
5)   Man a mano che decolla il recupero di materia e si raggiungono percentuali vicine all’85% (consorzio Contarina, a Treviso e provincia, 554.000 persone) i grandi impianti di incenerimento restano “affamati”. È il caso dei grandi inceneritori del Nord Italia (Torino, Parma, Brescia, ecc.), che già oggi operano in perdita. Ma se si prevede che la RD decolli, come si può pensare di costruire questi impianti? Non è forse contro il buon senso?
Ma la cosa più brutta degli inceneritori, On. Faraone, è che concettualmente rientrano nella nostra “cultura dello spreco”, deprecata da Papa Francesco nella sua stupenda lettera enciclica “Laudato si’ ”. Quelle materie prime seconde che vengono trasformate irreversibilmente in ceneri, emissioni e veleni sono un intollerabile spreco; costringono ad un continuo saccheggio delle risorse terrestri, che diminuiscono sempre più velocemente e drammaticamente; alterano il clima e distruggono le biodiversità; per accaparrarcele facciamo persino guerre nei paesi che deprediamo e da cui in milioni fuggono per inseguire il sogno non del benessere ma della semplice sopravvivenza.
Egr. On. Faraone, a favore degli inceneritori non esistono, dunque, motivazioni scientifiche e tecniche, sono contrari a quanto ci chiede l’Europa, non faranno uscire la Sicilia dall’emergenza, favoriscono spregiudicati affaristi e cui la attuale classe politica delega le scelte strategiche di politica economica. È davvero questa la Sicilia che vuole?
Con cordialità e sperando nel rinsavimento della politica siciliana, La saluta
Beniamino Ginatempo
Presidente di Zero Waste Sicilia,
zwsicilia@gmail.com
prof. ordinario di Fisica presso l’Università di Messina
beniamino.ginatempo@libero.it


 

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