Autore: negi Topic: Testimonianza di Alfio Caruso su stragi mafiose.....  (Letto 2421 volte)

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Offline negi

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Testimonianza di Alfio Caruso su stragi mafiose.....
« il: 09:33:00 am, 06 Giugno 2010 »
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  • Alfio Caruso è stato ospite a Palazzolo della consulta giovanile, è un documento molto lungo, ma vale la pena di leggerlo...alla luce delle ultime inchieste sulle stragi di mafia e sui servizi segreti e depistaggi alle indagini.....buona lettura...

    Una preziosa testimonianza di Alfio Caruso, collaboratore per anni di Indro Montanelli, autore di "Milano ordina uccidete Borsellino", spiega che per l'omicidio di Paolo Borsellino e della sua scorta e per gli attentati a Carlo Palermo a Trapani e a Giovanni Falcone all'Addaura fu usato lo stesso esplosivo militare proveniente dal Nord Italia. Ci sono quindi due scenari: la mafia sottraeva di quando in quando esplosivi dagli arsenali militari o i militari fornivano esplosivi alla mafia. Quest'ultimo sembra il più plausibile (il primo onestamente è ridicolo), così come che la mafia operasse come braccio armato di interessi superiori. Alfio Caruso parla anche di filo conduttore tra le inchieste di Carlo Palermo sul traffico d'armi, che ricostruirono un quadro con partecipanti eterogenei, dai servizi segreti israeliani del Mossad, al PSI di Craxi, a esponenti dell'imprenditoria e alla mafia, e le inchieste successive di Falcone e Borsellino. La domanda, alla fine, è sempre la stessa? Chi comanda veramente in Italia? Non il governo, non i cittadini. E allora chi, se le stesse mafie sono spesso solo esecutrici? Quanti servizi segreti operano nel nostro Paese e con quali finalità?
    Intervista a Alfio Caruso:
    Il filo rosso dei tre attentati (espandi | comprimi)
    Caruso:Buongiorno, mi chiamo Alfio Caruso, forse qualcuno di voi ricorderà che ci siamo già incontrati in occasione della pubblicazione del mio libro “Milano ordina uccidete Borsellino” e oggi siamo qui per i nuovi elementi che sono emersi sull’attentato di Via D’Amelio, si è infatti scoperto che l’esplosivo utilizzato a Via D’Amelio è un esplosivo proveniente dal nord Italia, è un esplosivo militare, si sospetta che sia uscito da un arsenale militare e soprattutto l’elemento più sconvolgente è che questo esplosivo fu utilizzato già nel 1985 per la strage di Pizzolungo dove morirono la giovane Signora Asta e i suoi due gemelli e anche per la strage mancata, l’attentato fallito all’Addaura contro Falcone.C’è un filo rosso che lega queste 3 vicende, il filo rosso è quello che unisce le inchieste di Carlo Palermo, di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, Carlo Palermo era un giovane magistrato che indagando a Trento su quello che sembrava all’epoca un normale traffico d’armi, aveva viceversa ricostruito un quadro assai inquietante di complicità riguardante sia dei faccendieri legati al Partito Socialista, sia esponenti del Mossad, sia esponenti dell’imprenditoria italiana e soprattutto alcuni boss mafiosi. Carlo Palermo fu definito un visionario, fu attaccato da più parti, soprattutto fu il Partito Socialista a scatenarsi contro Palermo e quando Palermo chiese di essere trasferito a Trapani, molti pensarono che avesse gettato la spugna, in realtà Palermo aveva capito che il cuore della sua inchiesta era in Sicilia, purtroppo per lui l’avevano capito anche i mafiosi e infatti provvidero a tentare di eliminarlo imbottendo questa auto di esplosivo, se non ché quando Palermo si trovò a transitare in prossimità dell’autobomba, a fargli tragicamente da protezione fu l’utilitaria alla guida della quale c'era la signora Barbara Asta con i suoi due gemellini di 6 anni e furono le vittime assolutamente innocenti di questa micidiale macchinazione.
    Anni dopo sia Falcone, sia Borsellino individuarono lo stesso schema già portato alla luce da Carlo Palermo e non casualmente a muoversi contro di loro sono più o meno gli stessi personaggi, ce ne è uno infatti che collega i 3 attentati e è Gino Calabrò detto il Lattoniere dal mestiere che faceva in gioventù, ma poi in realtà uno dei più importanti, feroci, sanguinari capi della mafia del trapanese, Calabrò fu implicato per Pizzolungo, Calabrò più o meno è presente anche all’Addaura, ma soprattutto incombe su Via D’Amelio.
    Nei giorni precedenti la strage dal suo cellulare clonato partirono infatti diverse telefonate dirette sia a un villino di Villa Grazia di Carini dove poi Borsellino avrebbe trascorso la domenica mattina, il giorno dell’attentato, ma soprattutto nei minuti a cavallo dell’attentato ci sono diverse telefonate con l’Hotel Villa Igea.
    Gioacchino Genchi, il superperito che prima di imbattersi casualmente nella strage di Via D’Amelio, effettuando delle perizie per conto di De Magistris era ritenuto uno dei più validi e dei più brillanti poliziotti italiani, poi all’improvviso dopo che si è imbattuto nella strage di Via D’Amelio hanno fatto di tutto per dipingerlo come il cattivo per antonomasia, quest’ultimo ha sostenuto in diverse occasioni ma l’ha ripetuto anche nella sua testimonianza in Tribunale, che il giorno in cui scopriremo chi era l’ospite misterioso dell’Hotel Villa Igea al quale erano dirette le telefonate di Calabrò, avremmo trovato il regista o quantomeno uno dei registri della strage di Via D’Amelio. Una strage sulla quale sempre più si intravede l’ombra dei servizi segreti e una strage in cui forse bisogna mettere a fuoco la figura di Bruno Contrada, quest’ultimo all’epoca era il N. 3 del S.I.S.De., aveva lavorato per tanti anni alla Questura di Palermo, era stato l’amico del cuore di Boris Giuliano, Contrada del quale chi vi parla ha sempre sostenuto e pensato che fosse sostanzialmente innocente, che avesse praticato il male per difendere il bene, nel 1994, il 25 novembre durante la seconda udienza del processo dal quale uscirà condannato, chiede di rendere dichiarazioni spontanee, quel giorno Contrada dichiara che nel luglio 1992 quando il Dott. Tinebra aveva appena preso possesso della sua carica di Procuratore a Caltanissetta, era stato convocato dal Dott. Tinebra che gli aveva chiesto di mettere insieme una cellula molto segreta, molto discreta per indagare sulla strage di Via D’Amelio e riferito soltanto a lui.
    All’epoca sia sulla strage di Via D’Amelio, sia sulla strage di Capaci, indagava la squadra guidata dal Commissario La Barbera anche essa una squadra speciale e quindi ci troviamo in presenza di un procuratore che domanda al N. 3 dei servizi segreti e quindi al capo dei servizi segreti in Sicilia di condurre un’indagine sulla testa di altri poliziotti che stanno indagando e di riferire soltanto a lui, delle confluenze abbastanza strane, ma le sorprese non sono ancora finite, perché sempre quel giorno, il 25 novembre 1994, Contrada afferma che nel settembre 1992 inviò al Dott. Tinebra una relazione in cui sosteneva di avere individuato in Vincenzo Scarantino un mafioso di spessore che aveva, secondo lui, avuto un ruolo in Via D’Amelio, che Scarantino era legato ai Madonia e che quindi secondo le conclusioni della cellula segreta di Contrada, erano loro i protagonisti della strage di Via D’Amelio. Ecco chi porta Scarantino agli onori del mondo, dobbiamo forse qui ricordare che Scarantino è stato l’imputato testimone su cui per 17 anni e mezzo si sono retti 3 processi, che Scarantino alcuni mesi fa ha totalmente ritrattato tutto, che Scarantino aveva già ritrattato nel 1998 ma non era stato creduto, che la madre, la moglie di Scarantino da subito avevano detto che il proprio congiunto si era inventato ogni vicenda che le sue chiamate avevano in realtà rovinato tanta povera gente che non c’entrava nulla, ma dicevamo prima quindi che è Contrada che porta Scarantino agli onori del mondo dicendo cosa? Che è un mafioso di spessore, totalmente falso, Scarantino non è mai stato affiliato alla mafia, Scarantino addirittura era preda di turbe psichiche che fecero sì che venisse scartato alla visita di leva e Scarantino poi, se vogliamo in anticipo sui tempi, era solito frequentare i trans, a quei tempi non si usava molto e soprattutto queste sue frequentazioni mandavano ai matti i boss mafiosi perché con il loro mito della mascolinità, dell’eterosessualità, figurarsi come potevano vedere un signore, una delle cui fidanzate, per esempio si chiamata Tania,questo per rappresentare quello che era il clima dell’epoca.
    Quindi Scarantino era soltanto un delinquentello di mezza tacca, un cui parente, Profeta, era sì vicino al clan dei Madonia, ma come poi abbiamo imparato in realtà su Via D’Amelio il clan che incombeva era quello dei Graviano.

    Nominato Procuratore sotto inchiesta (espandi | comprimi)Cosa ottiene questa relazione di Contrada? Di offrire Scarantino come futuro protagonista, di portare in primo piano i Madonia e di lasciare sullo sfondo i Graviano che viceversa avevano avuto un ruolo e poi in queste convergenze il ruolo del procuratore di Caltanissetta Tinebra che farà, grazie alle sue indubbie capacità una bella carriera, diventerà direttore del DAP e poi nel 2006 il Procuratore generale di Catania, ma questa nomina, come si è scoperto recentemente ha un contorno singolare,Tinebra all’insaputa di tutti era sottoposto a un’indagine da parte della Procura di Catania sin dal 2005 perché un suo sostituto procuratore ai tempi di Caltanissetta Tescaroli, aveva sostenuto che il giorno prima di archiviare a Caltanissetta l’indagine contro i mandanti esterni delle stragi, dire: Berlusconi e Dell’Utri, Tinebra aveva avvisato un Avvocato di Berlusconi di quanto sarebbe accaduto il giorno dopo.
    Tescaroli ne aveva parlato per competenza con la Procura di Catania che aveva aperto questa inchiesta. Quando Tinebra viene nominato Procuratore generale di Catania il primo giugno 2006, abbiamo scoperto recentemente che Tinebra era ancora sottoinchiesta perché la richiesta da parte del Procuratore dell’epoca Busacca e del suo vice D'Agata l’attuale procuratore di Catania di archiviare l’inchiesta su Tinebra del 23 giugno 2006, e il Decreto di archiviazione viene firmato il 13 luglio 2006, Tinebra è stato prosciolto dalla Procura che lui andava a guidare 43 giorni dopo la sua nomina, poi in realtà Tinebra credo che prenderà possesso della Procura a novembre, ma evidentemente le leggi italiane consentono che un Magistrato venga nominare Procuratore generale di una Procura che lo ha in quel momento sottoinchiesta, ma se volete in questa storia non è l’unico comportamento abbastanza singolare.
    Vi dicevo prima che nel 1998 Scarantino aveva provato a ritrattare e uno dei PM di Caltanissetta dove per competenza si tenevano i processi legati al caso Borsellino aveva stigmatizzato la sua ritrattazione affermando che si trattava dell’ennesima sottile manovra della mafia per mandare a carte quarantotto un’inchiesta importante, questo sostituto procuratore, questo PM era la Dott.ssa Anna Maria Palma, la quale da PM del Borsellino Ter, durante la requisitoria affermerà di ritenere sufficientemente provate le affermazioni di Cancemi. Cancemi è stato un importante capo mafioso e è stato anche un controverso collaboratore di giustizia perché aveva il vizietto di non raccontare mai le vicende che lo riguardavano, non aveva mai raccontato di avere fatto parte del nucleo che sulla collina di Capaci aveva partecipato materialmente alla fase conclusiva dell’attentato, si era dimenticato di essere stato l’autore di una famosa rapina alle poste di Palermo, era un collaboratore di giustizia che soltanto davanti all’evidenza ammetteva le proprie responsabilità, ma a cosa si riferiva quel giorno la Dott.ssa Anna Maria Palma quando affermava che le accuse di Cancemi erano sufficientemente provate?
    Si riferiva alla dichiarazione di Cancemi che alla vigilia delle stragi Berlusconi e Dell’Utri si erano recati a Palermo e si erano messi d’accordo con Riina, è inutile dirvi il cancan che venne fuori dopo le affermazioni della Dott.ssa Palma, Berlusconi protestò in maniera virulenta si dichiarò indignato e una delle poche conseguenze delle dichiarazioni della Dott.ssa Palma fu che l’inchiesta contro i mandanti esterni aperta a Caltanissetta della quale abbiamo parlato poco fa, venne immediatamente chiusa.
    Il primo agosto 2008 la Dott.ssa Anna Maria Palma è stata nominata Capo di Gabinetto del Presidente del Senato Schifani che come noi sappiamo, non soltanto è uno dei berlusconiani più convinti, ma è un signore che deve completamente a Berlusconi la propria carriera perché finché non è stato folgorato dal verbo berlusconiano, Schifani era un oscuro Avvocato della sezione fallimentare di Palermo, considerato quindi l’ossequio totale che Schifani porta a Berlusconi e ricordandoci delle vecchie affermazioni della Dott. Ssa Palma, credo sia lecito chiedersi: chi tra la Dott.ssa Palma e Schifani ha cambiato idea?

    Esplosivo militare, stragi mafiose - Intervista a Alfio Caruso

     

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