Autore: SC Topic: La critica liberale a Berlusconi, editoriale di Ernesto Galli Della Loggia  (Letto 4254 volte)

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Mi succede di rado di essere così d'accordo con una posizione, ma Galli Della Loggia è uno di quelle rare persone che riescono ad avere il mio pieno appoggio fin quasi alle virgole

ripropongo qui il suo editoriale lucidissimo ed elegante, un critica fine di valore e di merito  che stona  fra le sguaiate grida di una politica di bassa qualità morale e culturale che purtroppo caratterizza la nostra nazione in tutti gli schieramenti politici


Citazione
La necessità di un colpo d’ala

Parlare di crisi finale di Berlusconi e del berlusconismo è senz’altro azzardato. Niente lascia credere, infatti, che se tra sei mesi ci fossero le elezioni politiche il Cavaliere non riuscirebbe per l’ennesima volta a riportare la vittoria. In un modo quale che sia, ricorrendo alle offerte elettorali più irreali, radunando le forze più diverse, gli uomini (e le donne) più improbabili, ma chi può dire che non ci riuscirebbe?

Se però il futuro appare incerto, il presente invece non lo è per nulla. Dopo due anni alla testa di un’enorme maggioranza parlamentare il governo Berlusconi può vantare, al di là della gestione positiva della crisi economica, un elenco di risultati che dire insoddisfacente è dire poco. Inauguratosi con l’operazione «Napoli pulita» esso si trova oggi davanti ad un’altra capitale del Mezzogiorno, Palermo, coperta di rifiuti, ridotta ad un cumulo d’immondizia, mentre l’uomo del miracolo precedente e dell’emergenza terremoto, Bertolaso, è assediato dalle inchieste giudiziarie.
Il simbolo di un fallimento non potrebbe essere più evidente. Ma c’è ben altro. C’è l’elenco lunghissimo delle promesse non mantenute: elenco che la difficile situazione economica e i grandi successi nella lotta al crimine organizzato non sono certo in grado di compensare. C’è la riforma della giustizia con la separazione delle carriere dei magistrati ancora di là da venire; ci sono le liberalizzazioni (a cominciare da quella degli ordini professionali) di cui non si è vista traccia; c’è il piano casa e delle grandi infrastrutture pubbliche a tutt’oggi sulla carta; la costruzione dei termovalorizzatori, idem.
La promessa semplificazione delle norme e delle procedure amministrative è rimasta in gran parte una promessa; la riforma universitaria ha ancora davanti a sé un iter parlamentare lunghissimo e quanto mai incerto; delle norme sulle intercettazioni meglio non dire; e infine pesa sull’Italia come prima, come sempre, la vergogna della pressione e insieme dell’evasione fiscali più alte del continente.

Una tale inadempienza programmatica è il risultato in buona parte dell’incapacità di leadership da parte del premier. Nel merito dei problemi che non lo riguardano in prima persona Berlusconi, infatti, continua troppo spesso ad apparire incerto, assente, più incline ai colpi di teatro, alle dichiarazioni mirabolanti ma senza seguito, che ad una fattiva operosità d’uomo di governo. In questa situazione lo stesso controllo che egli dovrebbe esercitare sul proprio schieramento è diventato sempre più aleatorio. Benché con modi e scopi diversi Fini, Bossi e Tremonti dimostrano, infatti, di avere ormai guadagnato su di lui una fortissima capacità di condizionamento. Riguardo le cose da fare ne risulta la paralisi o il marasma più contraddittorio.

Anziché governare le decisioni, il presidente del Consiglio sembra galleggiare sul mare senza fine delle diatribe interne al suo schieramento. E nel frattempo dalla cerchia dei fedelissimi, dove pure qualche intelligenza e qualche personalità autonoma esiste, continua a non venire mai alcun discorso d’ordine generale, continua a non venire mai nulla che abbia il tono alto e forte della politica vera. Il silenzio del Pdl che non si riconosce in Fini è impressionante. Ad occupare il proscenio rimangono così, oltre l’eterno conflitto d’interessi del premier, solo i ministri ridicoli (Scajola) o impresentabili (Brancher), il giro degli avidi vegliardi delle Authority, le inutili intolleranze verso gli avversari. Dov’è finita la rivoluzione liberale di cui il Paese ha bisogno?


Ernesto Galli della Loggia


tratto da
http://www.corriere.it/editoriali/10_giugno_28/dellaloggia_15c69da0-8273-11df-9406-00144f02aabe.shtml
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Accorgersi solo ora che le locuzioni "Berlusconi" e "liberale" stridono un pò se messe vicine mi pare un pò eccessivo.

Che si aspettava il buon Ernesto (in onore al più famoso "Che" ?) da uno che ha preso il potere per usarlo come grimaldello contro la giustizia. Eh si, sempre la stessa questione...sarà pure un uomo di spettacolo, un venditore ma quando si tratta di processi, implicazioni con poteri oscuri del Belpaese non la da a bere proprio a nessuno (compresi molti suoi elettori credo)


Io penso che il buon Ernesto assomigli tanto a quelle persone che (pare) a te non piacciano proprio....coloro i quali fanno finta di non vedere chi o cosa hanno di fronte.

Il Berlusca non mi pare la massima espressione del pensiero liberale italiano. Credo piuttosto sia, in fondo in fondo, solo un cattocomunista come tanti. Si, anche lui.

Un liberale italiano? Forse Vendola

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antonio a differenza di te leggo e ho anche ascoltato galli della loggia  da un bel po di tempo.
affermare che sia uno che si sveglia ora e e abbia fatto finta di non vedere significa semplicemente che non si è mai letto i suoi editoriali sempre molto schietti e lucidi.

dire poi che vendola è un liberale significa poi essere anche a digiuno di categorie politiche e sociali.
oltre che non aver letto con la dovuta attenzione questo editoriale

ti risulta che vendola sia favorevole ai termovalorizzatori?
ti risulta che vendola sia per l'abolizione degli ordini professionali?
ti risulta che vendola sia per la separazione delle carriere dei giudici?
ti risulta che vendola sia per le grandi opere?


a me no

e se leggi l'editoriale sono critiche che Della Loggia fa a Berlusconi per non averle attuati.

ma è chiaro che questo non significa che Vendola le avrebbe fatte perchè non fanno manco parte del suo programma politico ossia Vendola NON LE VUOLE, legittimamente nelle sua posizione politica.
sicuramente per un liberale italiano che voglia le cose sopraindicate non può votare vendola per ottenerle,

e attribuirgli l'etichetta di Liberale è prima di tutto un offesa a quello che lui rappresenta legittimamente oltre che denotare scarsa padronanza del termine nel contesto italiano.
« Ultima modifica: 16:36:42 pm, 28 Giugno 2010 da SC »
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mica essere liberali vuol dire necessariamente essere a favore dei punti da te elencati.

Ti do ragione, piuttosto, sul "contestualizzare" il termine.

Quindi dovremmo chiederci quale sia in Italia la concezione politica di "liberalità"..


Ti rammento il fatto che il termine è ricondotto usualmente alla destra solo per questioni di sintesi (o di comodo se preferisci). Essere liberali (o addirittura liberalisti) vuol dire tanto altro....non di certo separazione delle carriere dei giudici e termovalorizzatori.



Forse tu confondi il liberalismo con il liberismo. Stessa radice, è vero, ma il secondo è un approccio strettamente economicistico e siccome ritengo che la vita reale non può essere analizzata solo con la lente degli indicatori economici ti dico che Vendola è un liberale se paragonato a Berlusconi (che è un autoritario)

Altro discorso invece per i cattocomunisti (altro nome della socialdemocrazia italiana) i quali, sempre a mio modesto parere, celano dietro grandi parole (democrazia e sociale) un approccio gerarchico rispetto all'organizzazione dello stato (quindi alla collocazione territoriale del potere decisionale)


Ecco come la vedo

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mica essere liberali vuol dire necessariamente essere a favore dei punti da te elencati.

senti stiamo parlando di galli della loggia del suo punto di vista che viene definito "liberale" non da me ma da gente molto + autorevole di me e lui stesso si riconosce in questa definizione ideologica e filosofica della concezione di stato.

se poi "poi come la vedi tu" significa la persona che ti sta simpatica è liberale, quindi vendola lo è, allora può essere tutto.

altrimenti ti prego di elencare quei principi di organizzazione dello stato, della società e del mercato su cui  Nichi Vendola può essere considerato un liberale  con un fondamento nel liberalismo classico che ti ricordo parte da Adam Smith.
« Ultima modifica: 21:23:59 pm, 29 Giugno 2010 da SC »
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Beh, innanzitutto la non commistione tra potere politico ed imprenditoriale..

Adam S. odiava persino gli imprenditori quando cercavano di mettersi d'accordo su una strategia da perseguire in comune. Immagina come vedrebbe un grosso imprenditore dei media alla presidenza del consglio di uno stato..

Poi, vediamo:
Le enrgie rinnovabili hanno rendimenti crescenti superiori a quelli degli idrocarburi fossili....Il mercato imporrebbe un massiccio investimento in questa direzione. Uno stato regolatore potrebbe detassare (anche se i socialdemocratici chiederebbero addirittura incentivi in denaro)


E ancora:
La giusta retribuzione o il più moderno "salario efficiente" dei giapponesi mi pare una posizione abbastanza liberale in un'economia globalizzata portatrice di incertezza economica.


Ricorda che la libertà non vuol dire fare quello che minchia si vuole. Significa offrire a tutti pari condizioni ed opportunità di sviluppo. Sia coloro che possiedono ricchezza sia coloro che non l'hanno ancora.
Quindi sono d'accordo con chi dice che per uscire dalla crisi è bene eliminare il deficit di libertà da cui i cittadini (occidentali in genere) sono afflitti




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vedo che come sempri documenti molto bene i tuoi post

Beh, innanzitutto la non commistione tra potere politico ed imprenditoriale..

la commistione tra potere politico e imprenditoriale esisteva anche ai tempi di adam smith non mi risulta che vi abbia dedicato alcun trattato in particolare alcun trattato MORALE

Adam S. odiava persino gli imprenditori quando cercavano di mettersi d'accordo su una strategia da perseguire in comune. Immagina come vedrebbe un grosso imprenditore dei media alla presidenza del consglio di uno stato..

ammesso e non concesso che si possa ipotizzare un opposizione di smith alla situazione berlusconiana questo comunque non ci dice nulla sul  liberalismo di della loggia ne del tuo attribuito liberalismo a nichi vendola.

Poi, vediamo:
Le enrgie rinnovabili hanno rendimenti crescenti superiori a quelli degli idrocarburi fossili....Il mercato imporrebbe un massiccio investimento in questa direzione. Uno stato regolatore potrebbe detassare (anche se i socialdemocratici chiederebbero addirittura incentivi in denaro)

1) non è vero che le enegie rinnovabili hanno rendimenti crescenti rispetto gli idrocarburi infatti i maggiori investitori in energie rinnovabili sono le compagnie petrolifere americane se il rendimento fosse  come dici tu non avrebbero problemi a cambiare il corebusiness per passare al rendimento + alto

2)uno stato alla adam smith non detasserebbe un bel niente, non è la poltica del laissez faire o della mano invisibile

quando gli stati o con contributi o con detassazioni favoriscono un determinato prodotto non stanno perseguendo una politica liberale, non significa che sia sbagliata ma non è una politica economica liberale classica.

e vendola infatti non ha mai detto di essere un liberale.

E ancora:
La giusta retribuzione o il più moderno "salario efficiente" dei giapponesi mi pare una posizione abbastanza liberale in un'economia globalizzata portatrice di incertezza economica.

la giusta retribuzione la perseguono tutti e i modo che cambia
anche il liberalismo classico persegue la giusta retribuzione del lavoratore, ma lo persegue tramite libere contrattazione in libero mercato (anche a mezzo di sindacati), mentre l'opposto è la regolazione tramite sistemi legali.

vendola  secondo te per quale posizione è ?

Ricorda che la libertà non vuol dire fare quello che minchia si vuole. Significa offrire a tutti pari condizioni ed opportunità di sviluppo. Sia coloro che possiedono ricchezza sia coloro che non l'hanno ancora.
Quindi sono d'accordo con chi dice che per uscire dalla crisi è bene eliminare il deficit di libertà da cui i cittadini (occidentali in genere) sono afflitti

non mi sembra che ne  io ne galli della loggia abbiamo detto questo, ma alle parole bisogna attribuire significati precisi altrimenti si rischia di fare pura demagogia
inoltre le analisi politiche serie dovrebbero essere scevre di pregiudizi morali

dire che uno è liberale perchè ti piace il tizio e ti piace pure la parola liberale è sbagliato, e anche profondamente ingiusto nei confronti delle idee reali del tizio ammesso che non sia egli stesso un bugiardo.

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Innanzitutto Smith criticava la posizione "inciucista" degli imprenditori all'interno della sua opera più importante: "La ricchezza delle nazioni".
Inoltre tracciava questa analisi sulla base di presupposti etici oltre che meramente economici poichè riteneva che gli stessi (imprenditori) dovevano perseguire il loro scopo (profitto) basandosi sull'intuito, la conoscenza e la capacità di rischio individuale.


- Le compagnie petrolifere sono le prime ad investire sul mercato delle rinnovabili ma sono anche le prime a temere un crack di quello petrolifero. Quindi danno un colpo al cerchio ed uno alla botte.
I rendimenti del petrolio, ad esempio, sono drogati da oligopoli di fatto. Il mercato delle rinnovabili è più sottoposto alla concorrenza pura poichè il reperimento delle materie prime è, come dire, più democratico?
Altro discorso, invece, per il nucleare che tocca maggiormente la sensibilità della gente causa trascorse catastrofi.


- Riguardo la giusta retribuzione ed il libero mercato direi che il "fallimento del mercato del lavoro" è stato già ampiamente dimostrato da Keynes attraverso l'individuazione della disoccupazione strutturale (ovvero quella quota di disoccupati ineliminalìbile in un mercato del lavoro data la contraddizione tra il dogma dei liberali neoclassici dell'"informazione perfetta" a disposizione degli operatori economici (razionali sempre!!?)

Il salario efficente tiene conto anche di variabili psicologiche come, ad esempio la frase: "se tu guadagni bene la tua dignità personale ne risente positivamente, sei più sereno, quindi rendi al meglio" (ovviamente a patto che svolga al meglio il tuo compito)


- lasciando perdere mano invisibile e laissez faire direi che sostenere che uno stato liberale non debba detassare (laddove ritiene opportuno) mi pare una dichiarazione un pò azzardata...fai un pò tu.

Diciamo che uno stato liberale classico cerca di ridurre al minimo l'intervento dello stato in economia quindi cerca di ridurre ovunque il livello di imposizione fiscale. E' chiaro che esistono ibridi e mai modelli astratti riconducibili alla realtà.
Dunque si tratta di andar a vedere quale il contesto dello stato in questione.

Su Vendola.
Sono convinto che sia un uomo politico che proviene da una storia fatta di eccessivo statalismo che è riuscito a comprendere che nell'economia di mercato moderna l'organizzazione statale non può controllare tutto altrimenti rischia di far tutto male.
Tuttavia ritiene, come molti di sinistra, che certi "mercati" (tra cui lavoro, sanità, istruzione) debbano avere "un'occhi di riguardo da parte dello stato.


Personalmente mi interessa molto la teoria/punto di vista che vede nello stato un'ente che debba occuparsi della "regolazione" di quelle distorsioni che vengono a crearsi nell'economia della comunità in questione.

ES: l'università italiana.
Offrire un contributo fisso minimo standardizzato sul numero di iscritti con eventuali bonus misurati sulla base di indicatori condivisi (es: quanti studenti lavorano dopo la laurea in quell'università, dove  e dopo quanto tempo).
Mi pare che sia un'impostazione che offra a tutti pari opportunità di riuscita ed al contempo non metta da parte la concezione meritocratica (altra bella discussione anche questa)

O no?









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Innanzitutto Smith criticava la posizione "inciucista" degli imprenditori all'interno della sua opera più importante: "La ricchezza delle nazioni".

l'inciucio fra imprenditori  è un potenziale cartello o monopolio quindi  ovviamente danneggia il libero mercato che è quello che una politica liberale deve garantire.

Inoltre tracciava questa analisi sulla base di presupposti etici oltre che meramente economici poichè riteneva che gli stessi (imprenditori) dovevano perseguire il loro scopo (profitto) basandosi sull'intuito, la conoscenza e la capacità di rischio individuale.

nessuna delle qualità che hai elencato ha presupposti etici in senso stretto, anche un truffatore o un ladro può avere intuito, conoscenza o capacità di rischio intellettuale

inoltre ti faccio notare che il tema del nostro discorso non era discutere sul liberalismo in senso stretto (si può aprire un nuovo topic in tal senso) , bensi su quali sono i pressupposti ideologico-programmatici su cui un politico può definirsi liberale.

Ernesto Galli della Loggia critica berlusconi sulla base di cose concrete  che non ha fatto e che lui sostanzialmente identifica con la potenziale "rivoluzione liberale"

queste cose ti ripeto non fanno parte ne penso lo faranno mai parte del programma di vendola

i liberali sono tradizionalmente per la detassazione, ma generale non a settori
una detassazione solo a certi settori , significa aiutare delle imprese rispetto altre, si può dire che talvolta uno stato può avere necessità di privilegiare un settore e che questo sia giusto, ma non si può affermare che questo rispetti i principi di un economia liberale.

poi ripeto tu pensi che Vendola possa impersonificare la Rivoluzione Liberale rivendicata  da Galli della Loggia?
io onestamente penso di no
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