Autore: pinoguzzardi Topic: La concezione padronale dello Stato e non solo.  (Letto 2675 volte)

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La concezione padronale dello Stato e non solo.
« il: 07:46:38 am, 04 Agosto 2010 »
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  • QUESTIONE MORALE
    "Ministri ridotti a servitori"
    Famiglia Cristiana contro il governo
    Il settimanale cattolico critica la "morale fai da te" della classe politica: "Quel che stupisce è la rassegnazione generale". Bondi e Rotondi: "Pregiudizi e arroganza, vuoto di analisi". Giovanardi: "Servitore sarà don Sciortino"

     ROMA - La questione morale agita il dibattito politico e secondo  Famiglia Cristiana "il disastro etico è ormai sotto gli occhi di tutti". Con queste parole si apre l'editoriale del numero in edicola domani, che contiene un pesante il giudizio sugli organi di governo: "Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici a 'servitori', semplici esecutori dei voleri del capo" e "poco importa che il Paese vada allo sfascio: non si ammettono repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il 'dominus' assoluto". Non è la prima volta che il settimanale cattolico critica il governo, ma non per questo l'attacco è meno fastidioso per la maggioranza.

    Soprattutto considerando la delicata fase politica, che secondo il settimanale cattolico è il frutto di una classe di rappresentanti delle istituzioni che ha disatteso aspettative e promesse: "La Seconda Repubblica nacque giurando di non intascar tangenti, di rispettare il bene pubblico, di debellare malaffare e criminalità. Bastano tre cifre, invece, per dirci a che punto siamo arrivati. Nel nostro Paese, in un anno, l'evasione fiscale sottrae all'erario 156 miliardi di euro, le mafie fatturano da 120 a 140 miliardi e la corruzione brucia altri 50 miliardi, se non di più".

    "Quel che stupisce è la rassegnazione generale - prosegue l'editoriale  - La mancata indignazione della gente comune. Un sintomo da non trascurare. Vuol dire che il male non riguarda solo il ceto politico. Ha tracimato, colpendo l'intera società". Il settimanale diretto da don Antonio Sciortino conclude dicendo che oggi "prevale la 'morale fai da te': è bene solo quello che conviene a me, al mio gruppo, ai miei affiliati. Il 'bene comune' è uscito di scena, espressione ormai desueta. La stessa verità oggettiva è piegata a criteri di utilità, interessi e convenienza".

    Le reazioni dei politici non si sono fatte attendere. Secondo il ministro per l'Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi, "il settimanale insulto di Famiglia Cristiana al governo è un pregiudizio e un atto di arroganza che la mette fuori dalla dottrina sociale cristiana". Posizione condivisa dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi (deleghe alla famiglia, alla lotta alle tossicodipendenze e al servizio civile), secondo cui "servitore di disegni politici altrui sarà se mai don Sciortino che si ostina a non accorgersi che questo governo è il più leale sostenitore di quei valori non negoziabili che dovrebbero essere la prima preoccupazione dei cattolici del nostro Paese". Ciò che sorprende il ministro della Cultura e coordinatore del Pdl Sandro Bondi è invece "la mancanza di una riflessione critica che riguardi anche il ruolo che la Chiesa ha svolto in questi ultimi decenni nel contribuire alla formazione di una nuova classe dirigente nazionale" e quello che gli sembra "un vuoto di analisi culturale sia sul ruolo della chiesa che sul futuro dell'Italia".

    In difesa del settimanale fondato 80 anni fa dal beato Giacomo Alberione si esprimono il senatore del Pd e segretario della commissione Affari europei,  Roberto Di Giovan Paolo, secondo il quale "il settimanale fotografa la realtà", e il deputato del Pd e vicepresidente della commissione affari europei, Enrico Farinone, per cui "quando la mediazione politica è nulla, quando il radicamento e il contatto col territorio vengono considerati secondari, allora succede quanto descrive Famiglia Cristiana. Nessuno si sorprenda".

    3 Agosto 2010.
    - La repubblica.

    Merita il premio Pulitzer per la fotografia questo articolo, ma i soggetti impressi in quella pellicola me ne ricordano altri: una foto di gruppo con soggetti non politici che si staglia nell'etere del nostro bel cielo bleo.


                                                                                                                                 pinoguzzardi

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    Re:La concezione padronale dello Stato e non solo.
    « Risposta #1 il: 17:39:59 pm, 09 Agosto 2010 »
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  • sul bene comune.
    In gergo politico l'espressione viene utilizzata come grimaldello intellettuale per dar valenza ad una posizione di un gruppo che cerca di imporla ad un altro che la pensa diversamente.

    Si dice, in teoria, che il bene comune non abbia colori politici, ma è proprio così?

    Prendiamo il caso delle ferrovie siciliane.
    Tecnicamente è un vantaggio per tutti gli abitanti dell'isola ma si continua a non investire.  E sapete perchè?
    Perchè dell'economia e del benessere dei siciliani importa solo (ed esclusivamente) a loro.

    Ecco perchè, nonostante le tante promesse non si è fatto mai nulla. Non esistevano elementi di economicità tali da far raggiungere l'obiettivo con adeguata solerzia.


    Ecco che le parole "bene" e "comune" si stagliano su di uno sfondo opaco fatto di sentire comune, di coesione territoriale...se vogliamo orgoglio di popolo.


    Ciò che in quest'isola abbiamo solo a parole molto spesso poichè ciò che veramente ci sta a cuore è azzuffarci per chi "arriva prima" o chi "arraffa di più".
    Il Mazzarò di turno riceverà ossequi per ciò che  ha e tutti soprassederanno su ciò che è.

    Il bene comune diverrà la somma dei singoli beni individuali secondo il chiaro messaggio della filosofia utilitarista.

    Le regole del gioco verranno costantemente disattese poichè, in globo aperto, le identità si annacquano, i punti di riferimento si squagliano e ci si aggrappa agli istinti violenti dell'ignoranza.

    La sopraffazione dell'altro. L'atomizzazione dell'umanità. L'incapacità di riconoscersi come una moltitudine legata, volenti o nolenti, da una magica formula vitale.
    Incapaci come siamo di evolverci verso un tipo umano che comprenda che le forze contro le quali bisogna confrontarsi non saranno tanto quelle degli altri uomini quanto, ahinoi, le sentenze naturali

     

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