premetto che parlo da neo mediatore civile e commerciale.
Per rispondere alla domanda posta da Nello nell'oggetto direi che una prassi (più che un criterio) che può consolidarsi per la risoluzione delle controversie sta proprio nell'esperimento del tentativo di mediazione...
capisco che uno può ritenere che sia stato leso un proprio diritto e che sia stata messa in dubbio la propria buona fede e/o onestà.....
TUTTAVIA
la pratica della conciliazione, da un punto di vista pratico ancorché ideale, penso permetta di semplificare la risoluzione dei contenziosi che affollano le aule dei tribunali (talvolta questioni risolvibili col buon senso...)
DUNQUE
L'epilogo possibile, al netto delle capacità del mediatore designato e della disponibilità delle parti, potrebbe essere:
- rinuncia da parte dell'amministrazione al procedimento penale per truffa;
- rinuncia, da parte del sig. murè, di una parte delle pretese economiche
ATTENZIONE
questa pratica stragiudiziale di tipo anglosassone (alternative dispute resolution - ADR) non mira a "far giustizia" bensì a trovare una concilizione possibile tra le parti (in gergo: ZO.P.A - zona possibile accordo).
Dunque se parliamo sul piano della "rivendicazione del diritto" è un conto mentre se desideriamo intraprendere un approccio in linea con la filosofia della mediazione civile diremmo che le due parti devono ritenere l'esito, quindi l'accordo, soddisfacente.
per il sistema giudiziario italiano il beneficio è l'apporto deflattivo che si ha sull'ammontare dei processi pendenti
inoltre la pratica è in linea con una filosofia di riduzione dei costi derivanti dalla non necessarietà di strutture fisiche particolari - tribunali -, eccesso di cancelleria, operatori della giustizia (giudici, avvocati, procuratori, cancellieri) con relativo costo del lavoro