OSSERVAZIONI UGL SU FENOMENO SUICIDI POLIZIA PENITENZIARIA
Riunione OO.SS. Amministrazione Penitenziaria 31 luglio 2012
Il drammatico aumento dei gesti estremi compiuti dal personale di Polizia Penitenziaria, impone profonde riflessioni rispetto alla deriva in cui questo organismo dello Stato sta inesorabilmente cadendo per le molteplici cause che rendono critico il funzionamento del sistema penitenziario.
I circa 100 suicidi in dieci anni e i sette di quest’ultimo tra le fila dei Baschi Azzurri, a nostro avviso, hanno radici proprio in un decadimento dei valori fondamentali della vita e delle finalità del lavoro che viene svolto e degli obiettivi che sempre più si chiede di raggiungere.
Obiettivi che contrastano con la compressione di diritti contrattuali, l’abbandono di chi dovrebbe occuparsi di risolvere i problemi lavorativi con spirito di partecipazione e condivisione delle numerose frustrazioni ed incertezze che la vita moderna riserva all’interno di un mondo che di moderno non ha proprio nulla.
Se queste prime riflessioni sono frutto di una conoscenza diretta dei problemi generali che riguardano il mondo delle carceri, sul quale l’UGL si è esercitata ad una disamina anche con seminari e convegni dedicati, in ultimo al rilievo dello stress da lavoro correlato, ciò che occorre rilevare è lo stato d’abbandono in cui versano donne e uomini che operano in questo delicato settore della sicurezza da cui derivano molte delle patologie che portano a gesti estremi come quelli che bisogna cercare di arginare in ogni modo.
L’instabilità umorale spesso nasconde una problematica latente al punto che sintomi collegati a disturbi della personalità vengono occultati da una personalità c.d. egosintonica, ovvero in sintomi che l’ego della persona interessata non si rende neanche conto di avere.
Fare finta di niente e non accorgersi di alcuni comportamenti ossessivi, talvolta ben accetti (es. il collega che pretende un ordine assoluto della propria scrivania) e non essere in grado di vederli può portare nel tempo ad un deterioramento comportamentale da parte dei soggetti interessati e questo essere causa di momenti in cui esplodono le tensioni al punto da far sentire sull’orlo del baratro proprio chi sembrerebbe avere meno problemi lavorativi.
La famiglia gioca indubbiamente un ruolo importante nelle dinamiche in cui si sviluppano tali eventi e un ambiente lavorativo ostile, sia sotto l’aspetto strutturale, sia sotto il profilo dei rapporti interpersonali, spesso viziati dal rapporto gerarchico funzionale che non consente a chi ha il potere di controllo di percepire a fondo la personalità di chi è ad egli sottoposto, è un motivo di sentirsi abbandonati e non accettati.
In particolare la condizione di molti operatori della Polizia Penitenziaria, per lo più con una media di 15/20 anni di servizio e un ruolo relativamente basso o intermedio, è spesso complicata dal doversi confrontare con chi non esercita un ruolo di comando ma di potere coercitivo, ciò per indubbia carenza formativa.
La gestione dei rapporti tra superiore e subalterno deve essere un punto su cui riflettere profondamente se si vuole cercare di migliorare l’accettazione del ruolo di ciascuno ed evitare che i contrasti personali incidano sui rapporti professionali.
Riteniamo che vada introdotta una figura di mediazione delle dinamiche relazionali che deve essere quella di un esperto psicologo, ma anche una migliore formazione di chi deve gestire gli uomini, spesso infatti l’approssimazione del comando è fonte di insicurezza e solitudine per chi poi a sua volta deve poter gestire i rapporti umani con le persone detenute.
Molte volte il sindacato è costretto ad intervenire per ingiusto abbassamento della classifica annuale di merito, ciò perché il personale interessato non sa neanche le ragioni reali di quello che considera un abuso. Questa percezione lo porta ad avere atteggiamenti di disinteresse ancora più elevati e un approccio con il proprio superiore distorto a causa dell’assenza di comunicazione.
Ad avviso dell’UGL oltre ad una profonda riforma del sistema sanzionatorio va del tutto eliminato questo strumento che come spesso accade per i rapporti disciplinari è diventato uno strumento di gestione del personale. A farne le spese sono sempre più spesso coloro che rivestono un incarico sindacale, motivo per cui l’UGL ha proposto di spostare nella Commissione Centrale di Disciplina l’esame di tutti i procedimenti che interessano tali soggetti.
Non da sottovalutare la completa disapplicazione di norme introdotte recentemente e che riguardano la sfera dell’individuazione dello stress da lavoro correlato.
Su tale condizione, riteniamo utile consegnare all’Amministrazione un apposito studio fatto dall’IPER dell’UGL dal quale emergono dati molto interessanti e che, se calati sulla realtà penitenziaria potrebbero essere emblematici di situazioni veramente difficili.
Un’attuazione della norma di riferimento richiamata da espresse circolari del Ministero del Lavoro, potrebbe dare un quadro generale più idoneo di studi effettuati solo sul fenomeno suicidi. Questi rappresentano ad avviso dell’UGL la punta di un iceberg di tutte le difficoltà che vive chi lavora in condizioni disagiate e con carichi di lavoro inaccettabili.
Per contrastare o almeno tentare di farlo, il fenomeno dei suicidi tra i colleghi della Polizia Penitenziaria, occorre dare corso a strumenti di sostegno che debbono consentire a questi di non sentirsi soli nel momento del bisogno. Per questo motivo riteniamo fondamentale che siano istituiti centri d’ascolto che possano salvaguardare la privacy di chi vi si rivolge ma essere uno strumento anche meramente di sfogo rispetto ad una condizione di disagio contingente.
Riteniamo in tal senso di sottolineare che sintomi quali il burnout andrebbero meglio studiati e non solo sotto l’aspetto statistico ma, come accaduto in passato con un approfondito esame attraverso una ricerca diretta delle dinamiche che li determinano.
Facile scoprire che i rapporti umani tra colleghi, superiori gerarchici posizione lavorativa, ruolo inappropriato, gestione dei rapporti con i detenuti, e dinamiche familiari, possono determinare situazioni di assoluta inadeguatezza psicologica tali da far scaturire problemi d’identità e dunque di approccio con la realtà.
Va anche sottolineato che spesso i problemi che affliggono il personale hanno natura diversa da un disturbo della personalità ma sono frutto di fattori diversi che riguardano spesso il fatto di non conoscere i propri diritti o di non sapersi comportare per farli rispettare.
L’UGL in definitiva ritiene che i centri d’ascolto debbano essere formati si da esperti psicologi ma integrati anche da esperti legali e non ultimo interfacciati con chi ha il dovere di tutela sindacale, poiché i problemi rappresentati possono essere risolti di volta in volta da un intervento medico, legale e non ultimo di carattere sindacale.
Riservandosi la presentazione di un’analisi più approfondita, si prende atto della volontà di affrontare una volta per tutte il problema che rappresenta un motivo di vergogna per tutto il sistema sicurezza.
IL SEGRETARIO NAZIONALE
Giuseppe Moretti
DIRIGENTE NAZIONALE UGL P.P.
Sebastiano BONGIOVANNI
Gruppo consiliare Provincia regionale
di Siracusa
Troppi i suicidi dentro gli istituti penitenziari. Anche Siracusa non sfugge ad una statistica che vede un numero impressionante di suicidi e tentati suicidi indifferentemente tra i detenuti ed il personale di polizia penitenziaria. Molto probabilmente sono due facce della stessa. Nel corso del 2010 una apposita commissione speciale del Consiglio Provinciale aveva evidenziato le condizioni critiche in tutte le strutture penitenziarie presenti in provincia di Siracusa. La situazione oggi non è migliorata, anzi si è pericolosamente aggravata. Il disagio e la invivibilità delle strutture carcerarie è ormai insostenibile al punto da violare le norme costituzionali troppo spesso chiamate in causa nell’agone politico ma colpevolmente trascurate nella difesa dei diritti fondamentali dell’uomo in uno Stato come quello italiano che viene definito democratico nei suoi principi fondamentali. Siracusa e le sue tre strutture di Noto, Siracusa e Brucoli rientrano in pieno in questo scenario raccapricciante dove i il rapporto il detenuto è, nel rapporto con la polizia penitenziaria, il doppio di quello minimo stabilito dalla legge. Il Parlamento, nonostante l’allarme e la necessaria attenzione richiamata dal Capo dello Stato, latita ed omette interventi correttivi tanto da essere più volte stato condannato dagli organismi europei in più occasioni. A questo punto, pur non condividendone i presupposti legislativi, appare sempre più sostenibile la tesi dell’amnistia per manifesta incapacità dello Stato e del Parlamento Italiano.
Siracusa 30 luglio 2012
Il Consigliere Provinciale PD
Dott. Carmelo Spataro