Autore: negi Topic: Per Claudio Fava Presidente "L'Udc di D'Alia apre a Crocetta"  (Letto 3466 volte)

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L'Udc di D'Alia apre a Crocetta
"Favorevoli alla sua candidatura"
Il leader dello Scudocrociato siciliano rompe gli indugi e annuncia: "Abbiamo incontrato Crocetta che ci ha illustrato le sue opinioni sul futuro della Sicilia, nei prossimi giorni proporrò agli organi del mio partito di sostenere la sua candidatura a presidente della Regione"


http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/08/08/news/l_udc_di_d_alia_apre_a_crocetta_favorevoli_alla_sua_candidatura-40597455/

Claudio Fava: "L'alternativa la costruiscono i siciliani"

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Re:Per Claudio Fava Presidente "L'Udc di D'Alia apre a Crocetta"
« Risposta #1 il: 16:09:19 pm, 09 Agosto 2012 »
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  • I delusi del PD mi sostengano....C.Fava
    "........La rivoluzione promessa da Crocetta è durata appena un giorno, poi il rivoluzionario s'é alleato con il partito di Cuffaro. Io non prometto rivoluzioni ma cambiamento, coerenza, trasparenza nelle parole e nelle intenzioni. Spero che quella parte del Pd che intende davvero voltare pagina in Sicilia voglia ritrovarsi con me in questa sfida".......

    http://livesicilia.it/2012/08/09/fava-i-delusi-del-pd-mi-sostengano

    enrico tomasi

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    Re:Per Claudio Fava Presidente "L'Udc di D'Alia apre a Crocetta"
    « Risposta #2 il: 18:20:04 pm, 09 Agosto 2012 »
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  • crocetta, partire dal web per cambiare la politica....alleandosi proprio con chi lo voleva oscurare, bella questa :)

    http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5589&mode=&order=0&thold=0
    « Ultima modifica: 18:23:52 pm, 09 Agosto 2012 da enrico tomasi »

    Offline negi

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    Re:Per Claudio Fava Presidente "L'Udc di D'Alia apre a Crocetta"
    « Risposta #3 il: 12:02:45 pm, 12 Agosto 2012 »
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  • CLAUDIO FAVA: "CROCETTA, LINGUAGGIO NON CONSONO PER CHI AMBISCE A GOVERNARE UNA REGIONE. RAPPRESENTA IL VECCHIO POTERE"


    L’asse Pd-Udc in Sicilia rappresenta la piena continuità con i governi di Cuffaro e Lombardo. Crocetta? Uno che cita Renato Curcio e parla di “checche” con questa leggerezza, non ha un linguaggio consono a chi ambisce a governare una regione». Claudio Fava, ex europarlamentare e dirigente di Sel, punta il dito sull’accordo battezzato ieri tra i democratici e gli ex democristiani, e rilancia la sua candidatura alla poltrona di governatore siciliano.

    Fava, perché per lei è impossibile un’alleanza con il Pd e l’Udc nell’isola, come avvenuto ad esempio in Puglia?
    «Perché in Sicilia il Pd e l’Udc rappresentano una perfetta continuità con i governi di Cuffaro e Lombardo che hanno portato all’esasperazione della politica clientelare e affaristica, e hanno distrutto questa regione. Il loro è un progetto completamente
    diverso da quello che voglio portare avanti io
    ».

    Ma l’Udc in Sicilia ha rotto con i cuffariani e il Pd ha presentato la mozione di sfiducia a Lombardo.
    «Nel partito di Casini ci sono parecchi transfughi e dire che abbia rotto con Cuffaro è ingeneroso per l’ex governatore. Nelle sue file ci sono esponenti del vecchio sistema di potere, penso a esempio all’ex presidente della Provincia di Palermo, Francesco Musotto. Il Pd, poi, ha solo annunciato la sfiducia e poi l’ha riposta nel cassetto, facendo decidere tutto a Lombardo: la verità è che i democratici hanno sostenuto il suo pessimo governo fino a pochi giorni fa».

    E Crocetta? Perché per lei è inadatto a governare la Sicilia, nonostante il suo passato antimafia?
    «Crocetta si è presentato con il cappello in mano a tutti pur di farsi candidare. È andato prima di Gianfranco Miccichè, poi da Lombardo, adesso da Rutelli e da Casini. Non è affidabile. E poi ha un linguaggio sempre sopra le righe: uno che cita con questa leggerezza Curcio non può governare
    la Sicilia».


    (antonio.fraschilla.) la repubblica.it


    « Ultima modifica: 12:04:34 pm, 12 Agosto 2012 da negi »

    Offline negi

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    Re:Per Claudio Fava Presidente "L'Udc di D'Alia apre a Crocetta"
    « Risposta #4 il: 19:17:08 pm, 12 Agosto 2012 »
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  • http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/08/01/news/il_bilancio_di_don_raffaele-40118066/

    Il bilancio di don Raffaele
    di SEBASTIANO MESSINA

    ..........Lombardo ha chiuso, forse per sempre, la stagione dei suoi governi, ma ha aperto la battaglia alla quale si è preparato per tutta la vita: quella per diventare il dominus della politica siciliana.

    È la battaglia per diventare l'uomo di cui nessuno potrà fare a meno se vorrà governare l'isola o conquistare la maggioranza dei seggi per il Parlamento nazionale. Fino a ieri, con meticolosa e instancabile tenacia, il governatore ha piazzato le sue pedine su tutte le caselle libere del potere regionale, dalle autostrade agli ospedali, dall'Istituto Vini e oli all'Irfis, più di 130 nomine in due mesi con una media di due investiture al giorno, collocando ovunque i fedelissimi dell'Mpa e lasciando qualche avanzo agli ultimi alleati che gli sono rimasti accanto, i luogotenenti siciliani di Gianfranco Fini.

    Ma da oggi questi personaggi che sono stati miracolati in zona Cesarini, queste pedine che sono state messe in campo quando il potere di Arraffaele sembrava al tramonto, dovranno restituire con gli interessi alla politica ciò che la politica ha dato loro: a uno a uno saranno chiamati a trasformare in voti il potere che hanno avuto, e Lombardo deciderà il loro destino politico dal numero di preferenze che ciascuno di loro porterà
    all'Mpa.


    Lombardo aspettava questo momento, il momento di tirare le reti, dal giorno in cui ha varcato il portone di Palazzo d'Orleans. Era entrato nelle stanze del potere siciliano  -  stanze che conosceva già alla perfezione, essendo stato il più fedele alleato di Totò Cuffaro, fino al giorno in cui decise di tenere per sé tutta la torta  -  annunciando grandi novità per questa terra.

    Prometteva il Ponte, una riforma radicale della vecchia burocrazia, una cura di austerità e di efficienza per la Regione, la fine degli sperperi nel business malato della formazione professionale, una terapia radicale per la sanità, il sostegno alle imprese siciliane sane e lavoro, finalmente un lavoro senza dover emigrare, per i giovani più bravi. Sono passati più di quattro anni e non si è visto nulla di tutto questo. Il Ponte non si è fatto e forse non si farà mai. La riforma della burocrazia regionale è consistita finora in un una sola novità: tutti gli atti importanti devono passare dalla scrivania del governatore, che li firma se e quando vuole ui. Invece di velocizzare, ha accentrato, paralizzando tutto.

    La formazione professionale è ancora lì, con qualche lifting piemontese, tenuta in piedi con i miliardi che l'Europa si è già stancata di gettare in quel pozzo senza fondo, per la gioia dei non pochi deputati regionali dalla faccia di bronzo che hanno i loro soldi, le loro mogli o i loro figli in qualche ente dove "formatori" senza un mestiere fingono di insegnare qualcosa a dei "formandi" che fingono di impararla. Gli sperperi sono continuati, la Regione non ha fatto nessuna cura dimagrante, anzi: a furia di "sanare" le posizioni di migliaia di precari, lo stipendificio della Regione è diventato ancora più affollato, e viene da ridere assistendo alla sceneggiata dell'assessore Armao che, avendo promesso al governo Monti il taglio degli organici, ora deve far finta di farlo per davvero, sapendo lui per primo che nessun taglio sarà mai fatto in Sicilia finché al potere ci sarà Lombardo.

    Invece dello sviluppo abbiamo avuto una crisi feroce, che ha tagliato migliaia di posti di lavoro, e tutto ciò che ha saputo fare il governatore, validamente assistito da Armao che è diventato il suo braccio finanziario, è stato mettere insieme delle improbabili cordate per l'acquisto della Siremar e sponsorizzare candidature imbarazzanti per Termini Imerese.

    Quanto alla sanità, i conti sono certamente migliori di quattro anni fa, e alcune cose  -  pochissime, purtroppo per tutti noi  -  sono cambiate negli ospedali siciliani. Quello che non è affatto cambiato è il metodo: le aziende sanitarie sono rimaste delle succursali della politica, dove i direttori ma anche i primari e i capisala vengono scelti per meriti ben diversi dalla competenza e dai meriti professionali  -  non un solo manager senza la bandierina dell'Mpa o dei suoi alleati è mai stato scelto dall'assessore Massimo Russo, zelante esecutore della lottizzazione lombardiana  -  e i risultati sono quelli che ogni siciliano può constatare di persona quando gli capita la disavventura di varcare la soglia di un ospedale.

    Con le sue dimissioni, Raffaele Lombardo chiude dunque un bilancio fallimentare, almeno dal punto di vista della Sicilia. Dal suo punto di vista, invece, il bilancio è nettamente in attivo: ha schierato una gran quantità di portaordini nelle caselle del potere siciliano, e alla fine di ottobre conterà i voti. Resta solo da vedere, da qui ad allora, chi deciderà di affiancarlo in questa spregiudicata operazione, e chi troverà il coraggio e la forza di opporsi ad "Arraffaele" e alla sua armata di clientes.

    Un'ultima considerazione la meritano le parole di Lombardo in aula. Il governatore ha teorizzato un oscuro calcolo politico, quello di sganciare il voto siciliano dai partiti nazionali, motivazione che gli consente di non dire che si dimette per evitare di trovarsi, come il suo predecessore Cuffaro, nell'imbarazzante condizione di presidente e imputato per mafia.

    Eppure non è riuscito a separare la vicenda politica da quella giudiziaria, dichiarandosi vittima di una "aggressione mediatica criminale". Quelle parole erano rivolte a Repubblica, colpevole di aver dato per prima la notizia dell'inchiesta per mafia che lo riguardava, e di aver dato puntualmente conto ai suoi lettori degli episodi che i magistrati della Procura di Catania gli hanno contestato
    . Noi lo abbiamo invitato  -  venendo tardivamente ascoltati  -  a rispondere puntualmente e pubblicamente alle pesanti accuse che gli venivano rivolte. Forse il governatore avrebbe preferito che questo giornale, così come ha fatto qualcun altro, sostenesse che si trattava di accuse inconsistenti e infondate, ma il compito della libera stampa è quello di dare le notizie, anche e soprattutto le notizie scomode per i potenti.

    Vedremo come si concluderà il processo. Oggi possiamo solo dire che di criminale, in questo momento, ci sono solo le storie dei personaggi che Raffaele Lombardo incontrava per ottenere l'unica cosa alla quale lui dà valore: i voti.

    (01 agosto 2012)

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    Re:Per Claudio Fava Presidente "L'Udc di D'Alia apre a Crocetta"
    « Risposta #5 il: 19:20:39 pm, 12 Agosto 2012 »
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  • http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/07/31/news/i_quattro_anni_del_governatore_fra_alleanze_e_tradimenti-40072666/

    IL RACCONTO
    I quattro anni del governatore
    fra alleanze e tradimenti
    A Palazzo d'Orleans è arrivato con il sostegno del Pdl, ma poi si è alleato con il Pd: la parabola di Lombardo, mister spacca-partiti
    di EMANUELE LAURIA

    I quattro anni del governatore fra alleanze e tradimenti Raffaele Lombardo all'Ars
    "Io non ho concorrenti, perché sono l'Autonomia e sto su un pianeta diverso". Era il 12 aprile del 2008, e dal quartier generale di via Pola, a Catania, Raffaele Lombardo lanciava il suo proclama ai siciliani. Sullo schermo del suo studio, in quel preciso momento, compariva il volto di Anna Finocchiaro, chiamata affettuosamente "Annuzza", con l'elegante distacco di chi, a due giorni dal voto, già sapeva che avrebbe surclassato la concorrente del Pd. E così sarebbe andata: trentacinque punti percentuali, un milione di voti di differenza. C'era già tutto, in quella frase.

    C'era il governatore spavaldo e inafferrabile, insofferente ai diktat dei partiti e ai recinti delle alleanze. C'era il più formidabile distruttore di maggioranze che la storia della Sicilia abbia conosciuto. Ne ha cambiate cinque come i suoi esecutivi, Lombardo, rendendo i 1.570 giorni della sua esperienza a Palazzo d'Orleans un'epopea profondamente controversa ma di certo irripetibile.

    L'ALFIERE DEL CENTRODESTRA
    "Raffaele-Raffaele". La convention di Acireale, il 24 febbraio del 2008, ospita 6 mila tifosi, accorsi per il lancio ufficiale della candidatura di Lombardo. Fra le bandiere della
    Trinacria, e persino dell'Evis (l'esercito di volontari per l'indipendenza della Sicilia), fanno capolino i big impettiti del nascente Pdl: in prima fila ecco Renato Schifani e Angelino Alfano, gli sponsor presso Berlusconi della nomination dell'alieno Lombardo, preferito al compagno di partito Gianfranco Micciché. Il leader dell'Mpa ricambierà il favore, un mese dopo, presentandosi sul palco della Fiera accanto al Cavaliere e cantando con lui e i suoi colonnelli il refrain di "Meno male che Silvio c'è". Quei tempi sembreranno ben presto lontanissimi. A tutti.
     
    LO SGARBO A TOTO'
    Incassata l'elezione, Lombardo decide di smarcarsi repentinamente dalla coalizione con la quale ha governato la Sicilia negli anni precedenti. E il primo colpo lo assesta a fine maggio, al momento di formare la giunta. Il presidente non ascolta i consigli del suo amico e predecessore Totò Cuffaro e, al posto dell'udc Nino Dina, manda alla Sanità il magistrato Massimo Russo. Cuffaro stacca il telefono e non si fa più trovare. Si rompe un lungo sodalizio umano, quello politico fra l'Mpa e l'Udc cuffariana resisterà ancora qualche mese. E i primi mesi della sua gestione Lombardo li trascorre segnando il solco con il recente passato: dispone il blocco delle assunzioni e avvia un piano di ridimensionamento delle società partecipate che rimarrà per gran parte incompiuto. Nel frattempo esercita uno spoils-system con il quale manda a casa i "fedelissimi" di Totò. Fra questi la super-burocrate della Programmazione, Gabriella Palocci, congedata solo con una lettera, che sbotterà in lacrime: "Sono stata trattata peggio di una cameriera". Cuffaro, il 6 novembre 2008, ha capito l'antifona: "Raffaele? È in preda a una furia sostitutrice: sta colpendo sistematicamente tutti i miei uomini". È già nato, d'altronde, l'asse con Gianfranco Micciché, il sottosegretario da tempo divenuto nemico numero uno di Cuffaro e già in traiettoria di uscita dal Pdl. Lombardo, nella prima delle sue frasi celebri, comincia a parlare di "geometrie variabili " e in Parlamento, con l'aiuto del Pd, vede la luce la riforma della Sanità osteggiata dai berlusconiani.

    LA GUERRA AL PDL
    Le Europee del 2009 si svolgono in un clima caldissimo all'interno della maggioranza. Da battaglia. Anzi, da "guerra termonucleare" per dirla con le parole del presidente dell'Ars, Francesco Cascio, che di suo pugno mette alcune definizioni non proprio lusinghiere, come quella che vuole il governo Lombardo "il peggio degli ultimi quindici anni". Alle Europee trionfa l'astensionismo, ma l'Mpa di Lombardo  -  in una non memorabile alleanza con la Destra di Storace  -  tiene mentre il Pdl perde 600 mila voti rispetto alle Politiche dell'anno precedente. Il Popolo della Libertà  -  alla cui guida in Sicilia sono andati Giuseppe Castiglione e Domenico Nania  -  conosce in Sicilia l'inizio della sua crisi. E il primo rimpasto di Lombardo, nel luglio del 2009, fotografa lo strappo: al governo vanno  -  o rimangono  -  gli uomini vicini a Fini e Micciché, il gruppo che di lì a poco formerà il Pdl Sicilia. Fra loro Gaetano Armao, avvocato di grido che  -  attaccato dal Pd per una serie di conflitti d'interesse  -  sarà costretto a lasciare tutti gli incarichi in aula prima di essere rinominato nel Lombardo-ter. Con il Pdl i rapporti di Lombardo sono sempre più tesi. Da Roma, dal governo Berlusconi, non arrivano gli oltre quattro miliardi del Fas e quando, nell'ottobre del 2009, i deputati "lealisti" del Popolo della Libertà, non votano il Dpef, il presidente decide la rottura.

    IL FIDANZAMENTO COL PD
    Di lì a pochi mesi salteranno i due assessori pidiellini superstiti  -  Beninati e Milione  -  mentre con il Pd comincia il "fidanzamento " voluto in particolare dal capogruppo Antonello Cracolici. A novembre la cena fra Lombardo e Massimo D'Alema che darà vita al "patto dell'orata". Le feste di Natale fanno nascere il Lombardo- ter, che vede l'ingresso di due tecnici in quota Pd quali Mario Centorrino e Pier Carmelo Russo. Eccole, le geometrie variabili: Lombardo conosce alcune defaillances a livello amministrativo (come le nomine di nove dirigenti esterni che sarà costretto in gran parte a ritirare), prosegue nella sua opera di occupazione del sottogoverno guadagnandosi da l'appellativo di "Arraffaele", ma in aula riesce miracolosamente a condurre in porto alcune riforme: rifiuti, semplificazione burocratica. Grazie, appunto, alle geometrie variabili. E alla generosità del Pd.

    L'INCHIESTA
    La svolta il 27 marzo del 2010, con la notizia  -  pubblicata da Repubblica - dell'indagine per mafia che riguarda il governatore. Lui, Lombardo, reagisce a muso duro, annuncia urbi et orbi
    che dirà in aula i nomi dei politici che, davvero, sono collusi con Cosa nostra. I nomi che Lombardo poi pronuncia, nella seduta del 13 aprile, sono quello  -  atteso  -  del senatore Pino Firrarello e del deputato Salvo Torrisi, entrambi del Pdl, entrambi additati per interessi nella realizzazione del termovalorizzatore di Paternò. Fioccano minacce di querela, finirà tutto in un polverone dentro il quale Lombardo prosegue la sua marcia a fari spenti, con improvvise accelerazioni, preceduto da una fama che riguarda sempre più i suoi vezzi: l'abitudine di mangiare la carta, la leggenda che vuole che la segretaria assaggi prima i suoi pasti, e poi quell'incredibile collezione di fucili  -  quaranta, tutti funzionanti  -  custoditi in una stanza di Palazzo d'Orleans. A settembre ecco il Lombardo- quater. Con Micciché, che fonda Forza del Sud, il legame è consunto anche per i contrasti su un mai nato comune partito meridionale. Entra al governo la nuova Udc di Gianpiero D'Alia. Lombardo diventa uno dei leader del
    Terzo Polo ma la sua storia è sempre più segnata dalla vicenda giudiziaria che, nel dedalo della Procura catanese, si dipana in un susseguirsi di colpi di scena. Sotto la scure di un processo incombente che dovrà chiarire i rapporti con i boss ma con una giunta in cui sono presenti magistrati, ex prefetti, esponenti degli industriali schierati contro il racket, Lombardo continua a dare una doppia immagine di sé.

    LO ZIG-ZAG FINALE
    A confondersi è soprattutto il Pd, che diventa protagonista di un interminabile dibattito interno sull'opportunità di garantire ancora il sostegno al governatore. Il referendum interno al partito non si farà mai. E il dibattito spingerà i democratici all'opzione del ritiro dell'appoggio solo di recente, all'inizio di giugno del 2012, quando il governatore ha già deciso di lasciare anzitempo l'incarico. Il Lombardo-quinquies è in realtà uno stillicidio  -  via un assessore alla volta, ecco il sostituto  -  che caratterizza l'ultima scoppiettante fase politica della "volpe di Grammichele" sostenuta ormai da una minoranza composta da Fli, Api e Mps: Lombardo riesce a firmare 130 nomine di sottogoverno in tre mesi, inducendo l'Ars a varare una norma per imbrigliare il suo potere di assegnare incarichi. Mentre Bruxelles sospende trasferimenti per 600 milioni di euro, chiedendo chiarimenti sulle procedure degli appalti, a Roma crescono i timori per un default in stile greco della Regione che spingono persino il premier Monti a intervenire: la lettera di Palazzo Chigi a Lombardo provoca polemiche e ha una cassa di risonanza internazionale. Le società di rating, preoccupate, sospendono il giudizio o declassano l'amministrazione isolana. La saga di Raffaele finisce, almeno per ora, in una Sicilia messa sotto tutela dallo Stato. Una dura legge del contrappasso, per il presidente autonomista.

     

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