http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/07/31/news/i_quattro_anni_del_governatore_fra_alleanze_e_tradimenti-40072666/IL RACCONTO
I quattro anni del governatore
fra alleanze e tradimenti
A Palazzo d'Orleans è arrivato con il sostegno del Pdl, ma poi si è alleato con il Pd: la parabola di Lombardo, mister spacca-partiti
di EMANUELE LAURIA
I quattro anni del governatore fra alleanze e tradimenti Raffaele Lombardo all'Ars
"Io non ho concorrenti, perché sono l'Autonomia e sto su un pianeta diverso". Era il 12 aprile del 2008, e dal quartier generale di via Pola, a Catania, Raffaele Lombardo lanciava il suo proclama ai siciliani. Sullo schermo del suo studio, in quel preciso momento, compariva il volto di Anna Finocchiaro, chiamata affettuosamente "Annuzza", con l'elegante distacco di chi, a due giorni dal voto, già sapeva che avrebbe surclassato la concorrente del Pd. E così sarebbe andata: trentacinque punti percentuali, un milione di voti di differenza. C'era già tutto, in quella frase.
C'era il governatore spavaldo e inafferrabile, insofferente ai diktat dei partiti e ai recinti delle alleanze. C'era il più formidabile distruttore di maggioranze che la storia della Sicilia abbia conosciuto. Ne ha cambiate cinque come i suoi esecutivi, Lombardo, rendendo i 1.570 giorni della sua esperienza a Palazzo d'Orleans un'epopea profondamente controversa ma di certo irripetibile.
L'ALFIERE DEL CENTRODESTRA"Raffaele-Raffaele". La convention di Acireale, il 24 febbraio del 2008, ospita 6 mila tifosi, accorsi per il lancio ufficiale della candidatura di Lombardo. Fra le bandiere della
Trinacria, e persino dell'Evis (l'esercito di volontari per l'indipendenza della Sicilia), fanno capolino i big impettiti del nascente Pdl: in prima fila ecco Renato Schifani e Angelino Alfano, gli sponsor presso Berlusconi della nomination dell'alieno Lombardo, preferito al compagno di partito Gianfranco Micciché. Il leader dell'Mpa ricambierà il favore, un mese dopo, presentandosi sul palco della Fiera accanto al Cavaliere e cantando con lui e i suoi colonnelli il refrain di "Meno male che Silvio c'è". Quei tempi sembreranno ben presto lontanissimi. A tutti.
LO SGARBO A TOTO'Incassata l'elezione, Lombardo decide di smarcarsi repentinamente dalla coalizione con la quale ha governato la Sicilia negli anni precedenti. E il primo colpo lo assesta a fine maggio, al momento di formare la giunta. Il presidente non ascolta i consigli del suo amico e predecessore Totò Cuffaro e, al posto dell'udc Nino Dina, manda alla Sanità il magistrato Massimo Russo. Cuffaro stacca il telefono e non si fa più trovare. Si rompe un lungo sodalizio umano, quello politico fra l'Mpa e l'Udc cuffariana resisterà ancora qualche mese. E i primi mesi della sua gestione Lombardo li trascorre segnando il solco con il recente passato: dispone il blocco delle assunzioni e avvia un piano di ridimensionamento delle società partecipate che rimarrà per gran parte incompiuto. Nel frattempo esercita uno spoils-system con il quale manda a casa i "fedelissimi" di Totò. Fra questi la super-burocrate della Programmazione, Gabriella Palocci, congedata solo con una lettera, che sbotterà in lacrime: "Sono stata trattata peggio di una cameriera". Cuffaro, il 6 novembre 2008, ha capito l'antifona: "Raffaele? È in preda a una furia sostitutrice: sta colpendo sistematicamente tutti i miei uomini". È già nato, d'altronde, l'asse con Gianfranco Micciché, il sottosegretario da tempo divenuto nemico numero uno di Cuffaro e già in traiettoria di uscita dal Pdl. Lombardo, nella prima delle sue frasi celebri, comincia a parlare di "geometrie variabili " e in Parlamento, con l'aiuto del Pd, vede la luce la riforma della Sanità osteggiata dai berlusconiani.
LA GUERRA AL PDLLe Europee del 2009 si svolgono in un clima caldissimo all'interno della maggioranza. Da battaglia. Anzi, da "guerra termonucleare" per dirla con le parole del presidente dell'Ars, Francesco Cascio, che di suo pugno mette alcune definizioni non proprio lusinghiere, come quella che vuole il governo Lombardo "il peggio degli ultimi quindici anni". Alle Europee trionfa l'astensionismo, ma l'Mpa di Lombardo - in una non memorabile alleanza con la Destra di Storace - tiene mentre il Pdl perde 600 mila voti rispetto alle Politiche dell'anno precedente. Il Popolo della Libertà - alla cui guida in Sicilia sono andati Giuseppe Castiglione e Domenico Nania - conosce in Sicilia l'inizio della sua crisi. E il primo rimpasto di Lombardo, nel luglio del 2009, fotografa lo strappo: al governo vanno - o rimangono - gli uomini vicini a Fini e Micciché, il gruppo che di lì a poco formerà il Pdl Sicilia. Fra loro Gaetano Armao, avvocato di grido che - attaccato dal Pd per una serie di conflitti d'interesse - sarà costretto a lasciare tutti gli incarichi in aula prima di essere rinominato nel Lombardo-ter. Con il Pdl i rapporti di Lombardo sono sempre più tesi. Da Roma, dal governo Berlusconi, non arrivano gli oltre quattro miliardi del Fas e quando, nell'ottobre del 2009, i deputati "lealisti" del Popolo della Libertà, non votano il Dpef, il presidente decide la rottura.
IL FIDANZAMENTO COL PDDi lì a pochi mesi salteranno i due assessori pidiellini superstiti - Beninati e Milione - mentre con il Pd comincia il "fidanzamento " voluto in particolare dal capogruppo Antonello Cracolici. A novembre la cena fra Lombardo e Massimo D'Alema che darà vita al "patto dell'orata". Le feste di Natale fanno nascere il Lombardo- ter, che vede l'ingresso di due tecnici in quota Pd quali Mario Centorrino e Pier Carmelo Russo. Eccole, le geometrie variabili: Lombardo conosce alcune defaillances a livello amministrativo (come le nomine di nove dirigenti esterni che sarà costretto in gran parte a ritirare), prosegue nella sua opera di occupazione del sottogoverno guadagnandosi da l'appellativo di "Arraffaele", ma in aula riesce miracolosamente a condurre in porto alcune riforme: rifiuti, semplificazione burocratica. Grazie, appunto, alle geometrie variabili. E alla generosità del Pd.
L'INCHIESTA
La svolta il 27 marzo del 2010, con la notizia - pubblicata da Repubblica - dell'indagine per mafia che riguarda il governatore. Lui, Lombardo, reagisce a muso duro, annuncia urbi et orbi
che dirà in aula i nomi dei politici che, davvero, sono collusi con Cosa nostra. I nomi che Lombardo poi pronuncia, nella seduta del 13 aprile, sono quello - atteso - del senatore Pino Firrarello e del deputato Salvo Torrisi, entrambi del Pdl, entrambi additati per interessi nella realizzazione del termovalorizzatore di Paternò. Fioccano minacce di querela, finirà tutto in un polverone dentro il quale Lombardo prosegue la sua marcia a fari spenti, con improvvise accelerazioni, preceduto da una fama che riguarda sempre più i suoi vezzi: l'abitudine di mangiare la carta, la leggenda che vuole che la segretaria assaggi prima i suoi pasti, e poi quell'incredibile collezione di fucili - quaranta, tutti funzionanti - custoditi in una stanza di Palazzo d'Orleans. A settembre ecco il Lombardo- quater. Con Micciché, che fonda Forza del Sud, il legame è consunto anche per i contrasti su un mai nato comune partito meridionale. Entra al governo la nuova Udc di Gianpiero D'Alia. Lombardo diventa uno dei leader del
Terzo Polo ma la sua storia è sempre più segnata dalla vicenda giudiziaria che, nel dedalo della Procura catanese, si dipana in un susseguirsi di colpi di scena. Sotto la scure di un processo incombente che dovrà chiarire i rapporti con i boss ma con una giunta in cui sono presenti magistrati, ex prefetti, esponenti degli industriali schierati contro il racket, Lombardo continua a dare una doppia immagine di sé.
LO ZIG-ZAG FINALEA confondersi è soprattutto il Pd, che diventa protagonista di un interminabile dibattito interno sull'opportunità di garantire ancora il sostegno al governatore. Il referendum interno al partito non si farà mai. E il dibattito spingerà i democratici all'opzione del ritiro dell'appoggio solo di recente, all'inizio di giugno del 2012, quando il governatore ha già deciso di lasciare anzitempo l'incarico. Il Lombardo-quinquies è in realtà uno stillicidio - via un assessore alla volta, ecco il sostituto - che caratterizza l'ultima scoppiettante fase politica della "volpe di Grammichele" sostenuta ormai da una minoranza composta da Fli, Api e Mps: Lombardo riesce a firmare 130 nomine di sottogoverno in tre mesi, inducendo l'Ars a varare una norma per imbrigliare il suo potere di assegnare incarichi. Mentre Bruxelles sospende trasferimenti per 600 milioni di euro, chiedendo chiarimenti sulle procedure degli appalti, a Roma crescono i timori per un default in stile greco della Regione che spingono persino il premier Monti a intervenire: la lettera di Palazzo Chigi a Lombardo provoca polemiche e ha una cassa di risonanza internazionale. Le società di rating, preoccupate, sospendono il giudizio o declassano l'amministrazione isolana. La saga di Raffaele finisce, almeno per ora, in una Sicilia messa sotto tutela dallo Stato. Una dura legge del contrappasso, per il presidente autonomista.