Autore: Luca Topic: Il paziente può rispondere - Pensiero anche in stato vegetativo  (Letto 3520 volte)

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E' in stato vegetativo dal 2003
ma 29enne al centro di uno studio del New England Journal of Medicine
è riuscito a comunicare con i medici: usate le aree del cervello attivate per le risposte

E' in stato vegetativo dal 2003, a causa di un incidente stradale che lo ha inchiodato al letto per tutti questi anni. Ma il giovane 29enne al centro di uno studio che ha guadagnato le pagine del New England Journal of Medicine si è mostrato capace di "comunicare" con i medici, rispondendo sì o no alle domande che gli venivano poste dai camici bianchi. Come? Accendendo quelle aree cerebrali che si attivano nel nostro cervello quando diamo risposte affermative o negative a un quesito.

La ricerca di Adrian Owen La ricerca, condotta da una squadra di studiosi belgi e britannici capitanati da Adrian Owen, del Medical Research Council di Cambridge, a detta degli scienziati potrebbe rivoluzionare il rapporto con questi pazienti, lasciando, ad esempio, che siano loro stessi a esprimersi circa la possibilità di continuare a vivere in quelle condizioni. "Potranno essere coinvolti - ipotizza lo stesso Owen - nelle decisioni relative al loro destino". Grazie a uno scanner di ultima generazione, gli studiosi hanno "fotografato" l’attività cerebrale del giovane sottoponendogli alcune domande, ad esempio "Tuo padre si chiama Thomas?". Ebbene, nel ragazzo si attivano le stesse aree del cervello che si accendono nelle persone sane.

I risultati dei test "Siamo rimasti attoniti - riconosce Owen sulle pagine del britannico Daily Mail - quando abbiamo visto i risultati dei test, che mostravano chiaramente che l’uomo era in grado di rispondere alle nostre domande. Non solo i risultati dello scanner ci dimostravano che il paziente non era in uno stato vegetativo, ma per la prima volta in tanti anni ci consentivano di vedere che l’uomo riusciva a comunicare col mondo esterno". Lo studioso a capo della ricerca riconosce che la tecnologia usata è molto dispendiosa dal punto di vista economico, ma sottolinea che in futuro potrebbe essere usata per comunicare con questi pazienti circa, ad esempio, la necessità di ricevere antidolorifici o la possibilità di sottoporsi a nuove terapie farmacologiche.

(articolo originale tratto da Il Giornale)
« Ultima modifica: 15:42:50 pm, 04 Febbraio 2010 da Luca »

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Re:Il paziente può rispondere - Pensiero anche in stato vegetativo
« Risposta #1 il: 15:49:53 pm, 04 Febbraio 2010 »
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  • il caso di un paziente belga: possibile evoluzione con ripresa della veglia
    Tracce di pensiero nello stato vegetativo
    Una ricerca mostra la presenza di una minima attività cerebrale in persone entrate in coma dopo un trauma

    MILANO - Per cinque anni, dopo un incidente d’auto, è rimasto privo di coscienza in un letto di ospedale a Liegi, in Belgio. Stato vegetativo permanente, secondo la diagnosi. Adesso, grazie a nuovi e sofisticati test, il suo cervello ha rivelato tracce di attività in risposta alle domande dei medici. Minime, ma che faranno discutere sul piano etico e già indicano la strada per una revisione dei criteri di classificazione del coma. Il paziente belga non è il solo che ha cominciato a comunicare con l’esterno, dopo avere passato anni in una condizione che «rappresenta una possibile evoluzione del coma ed è caratterizzata dalla ripresa della veglia, senza contenuto di coscienza e consapevolezza di sé e dell’ambiente circostante» (questa è la definizione di stato vegetativo che viene attualmente accettata ed è quella in cui si trovava Eluana Englaro).


    IL CASO BELGA - Complessivamente sono stati studiati 54 pazienti e cinque di questi, come il ventinovenne belga, hanno mostrato la capacità di modulare l’attività cerebrale. I risultati della ricerca, condotti da un gruppo misto di esperti inglesi di Cambridge e belgi di Liegi, sono così interessanti che la loro pubblicazione è appena avvenuta sull’edizione online del New England Journal of Medicine e sono accessibili gratuitamente sul sito (cosa non abituale perché di solito l’accesso è a pagamento). I ricercatori hanno utilizzato, per studiare i pazienti, un sistema, messo a punto da Adrian M. Owen, neuroscienziato al Medical Reserach Council di Cambridge, che si avvale di un esame chiamato risonanza magnetica capace di visualizzare l’attività del cervello e hanno posto una serie di semplici domande ai pazienti del tipo «Hai un fratello?», «Sei mai stato a New York?», controllando se le risposte erano corrette secondo schemi piuttosto sofisticati.

    AREE DEL CERVELLO - In particolare hanno chiesto al ragazzo belga di pensare di giocare a tennis o di stare in casa e hanno così visto che si «accendevano», rispettivamente, la corteccia motoria (quella appunto legata ai movimenti) e quella spaziale (che colloca una persona nello spazio). Non solo, ma hanno anche visto che il paziente poteva «scegliere» quale area accendere, mostrando quindi un pensiero cosciente. I ricercatori hanno evidenziato questi segnali di coscienza solo in pazienti giovani, che avevano subito un trauma cerebrale, spesso conseguente a incidenti e non in quelli, come l’americana Terry Schiavo, che invece erano andati in coma per una mancanza di ossigeno nel cervello conseguente ad arresto cardiaco.

    (articolo originale di Adriana Bazzi, tratto da Corriere.it)

     

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