pare che l'abolizione delle province scompagini assetti ed equilibri politici consolidati nel tempo
sentivo, ad esempio, a proposito dell' "unione" fra Caltagirone, Gela e Piazza Armerina....
Il blocco declasserebbe sia Enna che Caltanissetta, ad esempio
Ora, dando per assodato il timore di alcuni politici che vedono cadere tanti punti di riferimento su cui hanno basato la loro attività, direi che il nodo si può sciogliere solo su due dati:
1) miglioramento da un punto di vista organizzativo
2) risparmio in denari
in entrambi i casi si tratta di riduzione dei costi
Ed il punto sta proprio quà: non è tanto dare ragione ad una o l'altra delle fazioni pro e contro province, bensì individuare un'idea di Italia (e Sicilia) futura...
La mia: l'Italia dei Comuni - con relativa applicazione del principio dell'autonomia finanziaria sancito dal Titolo V Cost, art. 119.
Si badi bene: quest'articolo non è ancora stato applicato visto il blocco del federalismo fiscale (sulla quale riforma avrei da ridire poichè in luogo della regione come cardine della trasformazione dovrebbe esserci il Comune.)
Dunque un'autonomia (dal basso) che contempli una forte responsabilità sia degli amministratori locali che sbagliano sia in termini di tetto massimo alla perequazione da parte dello stato centrale.
Tutti argomenti, questi che dovrebbero affrontarsi mettendo mano alla riforma delle istituzioni. Una sorta di costituente post II guerra mondiale.
Solo che la guerra non è ancora finita, temo
A tal proposito occhio a Massimo Fini di qualche tempo fa che parla con Grillo:
http://www.beppegrillo.it/2011/05/la_democrazia_s_1.htmlLa cosa che mi fa più rabbia è che quando si parla di questi temi le c.d. eminenze grigie della fu sinistra derubricano il tutto come "fare filosofia" (nell'accezione negativa, ovviamente).
E quindi andiamo avanti così. Complimenti
mentre anche i muri stanno capendo quel che dice il buon Ascanio:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/22/ascanio-celestini-siamo-contro-a-prescindere-nessuno-ci-rappresenta/538430/