Il presidente Giorgio Napolitano chiede maggiore eloquenza in Europa. Propone in sostanza di “
liberarsi di codici cifrati per capirci meglio”. In effetti, già la politica per sua natura è indecifrabile, ci metti pure il problema della lingua... e l'europa assomiglia, sempre più, ad una
Torre di Babele.
Ora, il problema della torre Babilonese -la difficoltà di capirsi- non è mica solo una prerogativa europea, cioè tra lingue diverse, si verifica anche nell'ambito della medesima lingua, infatti raramente noi italiani riusciamo a capirci, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Bene, nella comunicazione quotidiana, al di là delle insufficienze grammaticali, ortografiche, morfologiche e di sintassi, esiste anche un altro problemino di non poco conto.
In ogni contesto storico o geografico, le parole assumono un significato intrinseco diverso, che rendono difficile questa cosa di capirci.
Per esempio, la parola
neve, in tutta l'Italia vuol dire “
una precipitazione atmosferica nella forma di acqua ghiacciata cristallina....”.
Però, la frase
“sta cadendo la neve” assume significati diversi, che variano da luogo a luogo.
Insomma, oltre a mogli e buoi, esiste anche un significato delle parole dei paesi tuoi.
A Cuneo (dove nevica spesso), per un gruppo di adolescenti vuol dire, spalare per conto terzi e guadagnarsi i soldi per una pizza; a Roma (dove nevica ogni dimissione di Papa) significa calamità naturale e polemiche; all'Etna, se non c'è la neve si muore di fame; in altri luoghi, come da queste parti assume il significato di “pupazzo di neve”.
Ma c'è un termine che rende perfettamente questo relativismo, ed è
“Minchia”. Utilizzata a Torino è semplicemente il vocabolo siciliano con cui si indica l'organo genitale maschile. Mentre in Sicilia, noi siciliani, ci serviamo di questa espressione, non solo per indicare il famoso organo, ma esprimiamo un concetto più generale, diciamo, di orchestra.
Infatti, “
a siciliana” il termine
“minchia” si erge ad un senso che è nel contempo mitologia e filosofia, indica stupore, incazzatina, meraviglia, negazione, affermazione, a volte è soggetto, altre complemento oggetto, finanche congiunzione. Il suo utilizzo rende superiore, talune volte sublime, l'oggetto a cui si riferisce. Affermare, “bella quella donna”, non è compiuto come “
minchia che bona”.
La utilizziamo per tutto e come tutto; non riusciamo a parlare senza questa parola, insomma se noi siciliani dovessimo conversare tra di noi senza utilizzare la parola “minchia” tuttalpiù potremmo fare i discorsi della “ minchia”.
Non ci resta che diffonderla in tutta Europa, altro che Telemaco... e quindi “minchia Renzi”.
paolo.giardina@virgilio.it
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