Autore: Paolo Giardina Topic: Quel brutto vizio del copia ed incolla.  (Letto 7049 volte)

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Offline Paolo Giardina

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Quel brutto vizio del copia ed incolla.
« il: 14:18:23 pm, 09 Settembre 2014 »
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  • Nell'attimo in cui scopriremo qual è stato “il primo concepimento in Oralità”, poi diventato manoscritto, sapremo con certezza, su quale testo si basa quell'immensa attività di “copia ed incolla” dei periodi successivi. Tali padri tali figli anche nei libri, quindi, scoprire il primogenito, “u nannuni” di tutti, è missione troppo importante.
    Allora, così come il pensiero filosofico è "una serie di note a margine su Platone", allo stesso modo il pensiero tout court, orale e scritto, lo è di questa famosa opera prima. Di fatto un pensatore elabora, traduce, rende sua, sulla base della sua esperienza e  delle sue conoscenze, l'opera prima e le successive, a lui precedenti. Ognuno di loro non solo ha scritto, ma alla fine ha “depositato” nome e cognome.

    Una grande pensatrice del secolo scorso, Hannah Arendt, sosteneva l'immortalità dell'uomo, che non è, e non può essere corporea, ma del suo pensiero. Questa poesia dell'esistenza, in alcuni casi subisce un incursone di superficialità esterna. Ciò avviene nell'attimo in cui si passa dal “copia ed incolla” ragionato e critico, al mero “copia ed incolla”, quello nella versione pura, limitato al testo e senza la firma sottostante.
    Per esempio, per rimanere nel territorio ibleo, quanto accaduto all'archeologo Santino Alessandro Cugno, e prima di lui a molti altri, rientra in questo contesto.
    Leggere un proprio testo, concepito sulla base di conoscenze, studi, “tiempu e soddi”, copiato ed incollato, pari pari, in un atto della pubblica amministrazione, senza il proprio nome scritto a fine pagina, appare come un figlio di N.N.., ma nella sostanza diventa ben altro. L'operatore “della copiata e dell'incollaggio”, lo assume come proprio, di fatto sostituendo la firma. Questo procedimento, oltre che scorretto e via dicendo, non è solo causato dall'ignoranza e della superficialità di chi compie il gesto, è soprattutto la fine di ogni forma di diffusione del sapere.

    La facciamo breve. A che serve “lo sblocca italia”, se prima non sblocchiamo la cultura?
    Belle parole. Però occorre consapevolizzare che sboccare la cultura si traduce in un abbandono della mediocrità, che investendo la maggior parte di noi italiani, è lecito chiedersi se conviene. Posta la domanda... la cultura è bloccata.

    Copiati senza neppure essere citati, altro che Caverna di Platone, qui siamo proprio nel regno di Ade, solo che Persefone vi rimaneva soltanto in autunno ed in inverno, noi tutto l'anno.

    Ecco questa è propriamente la novità originale della nostra epoca. Non siamo capaci non solo di scriverci la storia, ma neppure di copiarla fino alla fine della pagina.


    paolo.giardina@virgilio.it


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    « Ultima modifica: 19:03:22 pm, 10 Settembre 2014 da Paolo Giardina »

     

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