Quel saltellar del “
passerello” da un ramo all'altro, tipico di ogni uccello, diventa per l'uomo il muoversi in maniera sconclusionata, illogica ed improvvisa da un argomento ad un altro oppure da un partito ad un altro o più semplicemente da un idea ad un altra. Apparentemente senza logica.
Oggi si inaugura a Canicattini la XXIX edizione del Palio San Michele. Alla sua veneranda età è ancora in grado di sprigionare fuoco ardente, di attrarre al pari di una “
fimmina”.
Bene. Allo stesso modo in cui chiediamo ad un anziano, tritato nell'esperienza della vita, saggio consiglio, altrettanto possiamo fare con il vecchio “Palio”.
Immaginiamo una sorta di “
prierica” di un “Palio”, qualsiasi, ad una manifestazione che si affaccia adesso nel mondo: “
Cara nipote, alla tua età senza una lira, riuscivo a mantenere tutta la famiglia e mi restava qualcosa”. In effetti tutte quelle rassegne compatibili esclusivamente con il denaro, quando manca, rischiano di sparire. Mancano di un anima sono costruite senza passioni, si nutrono soltanto di soldi, per cui sono tutte destinate, prima o poi, a scomparire.
Il Palio ha un anima, si percepisce. Il suo corpo si vede.
A parte la prima edizione, fantascientifica, nella quale il tema era il medioevo, dalla seconda in poi è stata un continuo ritorno alle origini, prendendo in prestito dalla storia le pagine più intense:
“l'ancien régime agricolo". Il Palio è soprattutto l' occasione, forse l'unica, di mettere in mostra una città. Una finzione scenica con la quale conoscere e comprendere come eravamo e perchè siamo. Come il
Lithos di Ferla o il
Medfest di Buccheri, non sono produzioni “dozzinali” ma uniche. In quei giorni, anche a nostra insaputa, mettiamo in “pausa” il presente, riflettiamo sul passato e tentiamo di comprendere il senso del futuro.
“Sfilanti”, “giocatori”, nonni, parenti ed amici, l'intera città risponde “presente”. Palio, come Lithos o Medfest, vivono come ognuno di noi, non sono asettiche come le altre, quelle a cui manca un anima. Vale la pena partecipare da protagonisti o da spettatori. Entrare in una città in queste occasioni, durante queste manifestazioni è come entrare in un museo, con le uniche differenze che ci sono le guide, non si paga un euro, si possono scattare le foto ed è tutto in carne ed ossa, un museo vivente.
E' un passato che misteriosamente riemerge, incarnandosi nella parte migliore di una città, tutta.
Dal “Palio” alle
frasche. La parola “
frasche”, mi fa venire in mente il fuoco, mi ricorda il prendi “
du fraschi c'appiccicamu u luci”.
Allora, sfatiamo quella maniera sconclusionata, illogica ed improvvisa con cui si passa dal palio alla frasca,
“appiccicamu” il fuoco delle città, sempre e non solo per le occasioni. Accendiamo le città tutti i giorni, diamogli “luce” e viviamole.
paolo.giardina@virgilio.it
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