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urbanistica. SCONTRO PER LA PIAZZA SCOMPARSA

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GP:
Dunque, Salvo:

1) non aveva ragione neanche il sindaco. Le piazze previste erano tre, adesso passano ad una sola (ossia quella esistente). Quindi vengono eliminate due piazze. In effetti leggendo l'articolo si fa un pò di confusione.

2) il punto non è la scomparsa delle piazze in sè, quanto la poca trasparenza nei passaggi tra il PEEP del 1991 e quello del 2008. In consiglio è stato solo approvato...ma tutto l'iter precedente? I consiglieri che hanno votato e approvato il PEEP 2008, erano adeguatamente informati? Di questo avremo modo di dibattere analiticamente in occasione del consiglio.

3) i diritti vengono calpestati anche quando i padri di famiglia acquistano una casa in un quartiere che nei piani era molto diverso da quello che adesso dovrebbe diventare. Per noi i cittadini vengono prima degli interessi privati. Ma se vuoi te lo faccio spiegare direttamente da loro, di rabbia da sfogare ne hanno, te lo assicuro.

4) recuperare il centro storico è un DOVERE, non un lusso. Non c'entra niente il ristrutturarsi gratis la casa. Sarebbe auspicabile spingere alla ristrutturazione (con costi sostenuti dai privati interessati) delle case già esistenti, piuttosto che concedere nuove costruzioni.

Per qualsiasi altro argomento, rimane valido l'invito per te e i lettori del tuo forum a partecipare al Consiglio Comunale aperto.

Ciao

Peppe

SC:

--- Citazione da: GP - 20:30:29 pm, 14 Giugno  2009 ---Dunque, Salvo:

1) non aveva ragione neanche il sindaco. Le piazze previste erano tre, adesso passano ad una sola (ossia quella esistente). Quindi vengono eliminate due piazze. In effetti leggendo l'articolo si fa un pò di confusione.

--- Termina citazione ---

nell'articolo  il sindaco dice chiaramente: "Una terza piazza sarebbe stata troppo. " quindi non è confusione peppe o il giornalista  ha sbagliato nel riportare le parole del sindaco o il sindaco mente palesemente

stai dicendo questo?



--- Citazione da: GP - 20:30:29 pm, 14 Giugno  2009 ---2) il punto non è la scomparsa delle piazze in sè, quanto la poca trasparenza nei passaggi tra il PEEP del 1991 e quello del 2008. In consiglio è stato solo approvato...ma tutto l'iter precedente? I consiglieri che hanno votato e approvato il PEEP 2008, erano adeguatamente informati? Di questo avremo modo di dibattere analiticamente in occasione del consiglio.

--- Termina citazione ---

si suppone che i consiglieri coscienti del proprio ruolo abbiano fatto il loro DOVERE di informarsi prima del voto visto che LA LEGGE da loro questa facoltà
è propria coscienza usarla se esistono carenze nella loro informazione non possono imputare tale ignoranza ad altri.

stesso discorso va applicato alle forze politiche i cui membri sono sempre gli stessi e che hanno avuto tutto il tempo  per informarsi e informare i cittadini anche prima del consiglio del 2008, svegliarsi un anno dopo mi sa di strumentalizzazione ma de gustibus.


ma tornando al problema è la piazza o no?


--- Citazione da: GP - 20:30:29 pm, 14 Giugno  2009 ---3) i diritti vengono calpestati anche quando i padri di famiglia acquistano una casa in un quartiere che nei piani era molto diverso da quello che adesso dovrebbe diventare. Per noi i cittadini vengono prima degli interessi privati.

--- Termina citazione ---

i cittadini sono interessi privati anch'essi e anche gli speculatori  possono essere  padri di famiglia

davanti alla mia casa sono cresciuti negli anni diverse case rovinandomi il panorama che faccio impedisco lo sviluppo paese del paese?


--- Citazione da: GP - 20:30:29 pm, 14 Giugno  2009 ---Ma se vuoi te lo faccio spiegare direttamente da loro, di rabbia da sfogare ne hanno, te lo assicuro.

--- Termina citazione ---

io penso che c'è gente che può avere la casa con il piano di edilizia popolare quindi tra la rabbia di chi vede il suo biglietto della lotteria bruciato ossia solo di subire la perdita di valore della casa e la rabbia di chi potrebbe perdere la possibilità di AVERE una casa con un PIANO DI EDILIZIA POPOLARE
scelgo la seconda.

una volta la sinistra avrebbe fatto fuoco e fiamme per l'edilizia popolare ancorchè convenzionata con privati
ora invece difende solo gli interessi di chi la casa già ha vedo.


--- Citazione da: GP - 20:30:29 pm, 14 Giugno  2009 ---4) recuperare il centro storico è un DOVERE, non un lusso. Non c'entra niente il ristrutturarsi gratis la casa. Sarebbe auspicabile spingere alla ristrutturazione (con costi sostenuti dai privati interessati) delle case già esistenti, piuttosto che concedere nuove costruzioni.

--- Termina citazione ---


per SPINGERE si usa sempre una sola tecnica si danno sempre soldi  dei contribuenti

questa è la nuova forma di assistenzialismo del terzo millennio

che ne usufruiamo tutti è un conto ma chiamatelo col suo nome assistenzialismo

si sprecano soldi a ristrutturare case di nessun valore storico o artistico solo perchè sono dentro il centro storico spendendo molti + soldi di quanti sarebbero necessari fare fare una bella casa nuova e con regole ingegneristiche moderne.

ma giusto è un dovere sprecare i soldi in questo modo...



--- Citazione da: GP - 20:30:29 pm, 14 Giugno  2009 ---Per qualsiasi altro argomento, rimane valido l'invito per te e i lettori del tuo forum a partecipare al Consiglio Comunale aperto.

--- Termina citazione ---

peppe come ben sai è da parecchio che non mi perdo consigli comunali e mi sembra che sono stato anche il primo a RENDERLI veramente aperti altro che inviti.

Ellj Nolbia:
Il dialogo impossibile

Volevo intervenire al tema del PEEP in contrada Cugnarelli , ma non ho trovato nel sito il modo di rispondere, così mando una riflessione a quest’altro articolo di urbanistica. Più teorico. Meno abbondante di argomenti, ma sempre un’occasione per trasmettere delle considerazioni spero utili.
Felicissimo e mi complimento per la probletizzazione del tema da parte di Sinistra Nuovo Corso. Solo divulgando istanze e perplessità si diffonde una nuova consapevolezza civile su tematiche sociali.
Parlare di piazza? Del valore urbanistico e fondativo di questo elemento morfogenetico della città? Servirebbe troppo spazio per essere esaurienti e non mi sembra il sito - nella sua generalità - abbia la propensione disciplinare adeguata. In questo senso (del tema piazza) sostengo completamente e condivido quanto espresso da “Angelina” nel suo breve ma significativo intervento.

Leggermente e senza troppa seriosità – ma lo stesso seriamente – voglio proporre una cornice di colore all’argomento in oggetto.
Facciamo una finzione: provate mai a immaginare questo nostro pianeta, come un essere in grado di parlare e di dialogare con noi?
A immaginare quel che vorrebbe dirci, se potesse comunicare a parole? Io ogni tanto – nella mia capacità immaginifica da teatrante - ci provo, con risultati devastanti. Perché un conto è metaforizzare i cataclismi che sono davanti agli occhi di tutti noi (dalla desertificazione delle foreste, dagli smottamenti, alle alluvioni, alle esondazioni) come “risposte” della Terra ai comportamenti dell´uomo. Risposte allarmanti, ma che mantengono - nella loro straordinaria violenza - un segnale di energia, di presunta vendetta. (Quando si era bambini usava dire: ”Quando la natura con la scienza contrasta, vince la natura e la scienza non basta”). Quando, invece, alcune volte me la immagino che ci parla non riesco a non pensarla esausta, indebolita. Non immagino una voce stentorea che mi si rivolga con odio e rabbia, ma una voce stanca e affranta, che chiede una tregua, che chiede quando mai la finiremo, o per lo meno sospenderemo, di prendere, prendere, prendere. Di consumare irreversibilmente ogni sua parte anche più storicamente pregiata e testimoniale.

Spesso dalle nostre parti si parla - nelle settimane pre-elettorali - dell´ambientalismo “del fare”. Quanti proclami simili - di tutti i colori politici - abbiamo ascoltato in questi decenni?
Io, a titolo di completezza, sarei per specificare “del far bene”. Perchè il fare, in sé, non mi pare un valore. Anzi, mi preoccupa un po’. Come mi preoccupa quest’incondizionata passione che i politici, della politica alta - senza distinzione di appartenenza - hanno dichiarato nei confronti della crescita del Pil. Il Pil cresce anche producendo mine antiuomo, o imballaggi inutili che dovranno essere smaltiti (e anche questo fa crescere il Pil) o che, se smaltiti malamente, inquineranno acqua, aria, terra; e per bonificare (ammesso che sia possibile), si farà ancora crescere il Pil. Non posso che rabbrividire a leggere parole come “ SFRUTTARE”, “CREARE”. Non faccio capricci linguistici, associo il significato consueto e facilmente diffusamente intuibile.

Se invece si mettesse in campo un pizzico di saggezza, si potrebbe intraprendere la strada dell’economia del “non fare” (se non necessario, se non profondamente plausibile). Perché a volte è lì la chiave della ricchezza. Espansioni urbane immotivate (se non dal puro profitto dei soliti soggetti) e cementifici nelle vigne (cancellando risorse ed etico lavoro contadino), sono ferite aperte nel cuore di territori che, in salute e bellezza, stanno producendo economia. Perché non lasciarli continuare? Perché disturbare?
Bisogna stare attenti, perché la cultura del fare - se non ha filtri - diventa la cultura del rifare, del disfare, del fare troppo per poi distruggere. È una cultura subdola, perché si spaccia per libertà, progresso, benessere.
Pensate ai prodotti dietetici che vengono pubblicizzati in questi ultimi tempi. Pastiglie che impediscono all’organismo di assorbire calorie, mentre se ne ingurgitano a volontà. Non è una follia?
Non è immorale?
Per non ingrassare bisogna mangiare di meno e meglio, ed avere uno stile di vita corretto, (mangia meno maiale, sostiene il mio amico medico dello sport, certo non riferendosi al suino). La soluzione non può essere ingollare qualunque quantità di cibo, per poi rendere il nostro organismo impermeabile alle calorie. È come tenere le nostre case a 25 gradi d´inverno per stare in salotto in maniche corte; è come usare abbondantemente la preziosa acqua potabile per lo sciacquone del water. Ecco dove ci ha portato la cultura del fare. A fare male, a fare troppo. A fare cose che ci costano tanti soldi e per avere quei soldi dobbiamo lavorare di più, e per lavorare dobbiamo fare, fare, fare. Se mangio meno e meglio, spendo meno e non ingrasso. Risparmio sia sul cibo che sulle pastiglie dimagranti. Posso destinare quei soldi diversamente, oppure decidere che non ne ho bisogno, quindi non ho necessità di guadagnarli, quindi ho qualche ora libera in più. Magari per curare un piccolo orto o per giocare con i miei figli o per leggere il giornale, … saltando le pubblicità delle pastiglie dimagranti.

L´economia del “non fare”, invece, ha le sue radici nella cultura dell´osservare. E del chiedersi: che bisogno ce n´è?
L´economia del “non fare” ha uno sguardo lungo. Non ragiona in termini di ritorni immediati: ha i tempi della natura, non quelli della finanza. Investe a lunghissimo termine e ha straordinari ritorni, perché è un’economia che non si occupa solo di denaro.
Si occupa: di culture, di identità, di territori, di origine, di storia e di storie.
Si occupa: di paesaggio, di turismo, di conoscenza, di salute e di bellezza.
Si occupa: di vigne, di imprenditoria, di mercato, di relazioni, di comunità, di coerenza.

Siamo capaci di calcolare queste spese? Quanto costa una collina distrutta? Quanto costa un paesaggio devastato? Quanto costa un anziano che si immalinconisce perché il figlio non curerà più la vigna? Quanto costa l´orrore di un cartello che, in mezzo a colline vitate, avvisa che respirare può essere pericoloso? Quanto costa un bambino che cresce in mezzo alla bruttura?

I crociati del fare insorgeranno: con la cultura del non fare non ci sarebbero nemmeno le vigne, diranno. Troppo facile esagerare. Troppo facile far finta di non capire che quando parliamo di economia del non fare stiamo parlando, semplicemente, di economia della cura. E la cura è una cosa seria, complessa e delicata. Che richiede sensibilità, competenza, cultura e dedizione. Perché non si può, mai, curare solo una parte.

Ecco cosa ci chiede la Terra, con la sua voce stanca: che ci si prenda cura di lei. Che la si smetta con gli interventi, le violenze, le conquiste. Che ci si metta in ascolto, per capire dove duole, cosa le fa male, cosa le fa bene. Deponiamo le armi del fare, smettiamo di considerarci padroni a casa d´altri. Cerchiamo di non disturbare, di non interrompere, di non sporcare. Ascoltiamola e prima o poi capiremo che la cura che serve a lei, è la stessa che serve a noi!

Ma cosa credete … gli alberi millenari, le trazzere di contrada C.da Cugnarelli non hanno pari valore delle testimonianze della civiltà greca o delle chiese baricche di Palazzolo? Sono anch’essi bene dell’umanità. E non sono risultanza di una umanità minore né in ingegno, né in dignità ed amore del lavoro speso. Quando a queste delicatezze in equilibrio, verranno sostituite violente bestemmie di cemento armato … allora ogni ripristino originario dei luoghi sarà impossibile e le resipiscenze tardive.

Se non ci alleniamo in questo esercizio, gli unici messaggi che riusciremo a cogliere resteranno quelli delle catastrofi. E dopo ogni catastrofe … i falsi crocerossini del fare si rimettono all’opera, mentre i curatori del far bene vedono allontanarsi il traguardo del benessere.

Scusate il pensiero forse troppo personale e un pizzico contorto, quindi non proprio a misura per tutti.
Grazie per l’ospitalità!

Ellj Nolbia

SC:
il post di Elly pur essendo come ha detto lo stesso autore teorico ha il pregio di portare la discussione su alcuni criteri culturali e di principio che stanno prendendo piede negli ultimi tempi.

È probabile che in questa risposta venga additato come uno di quei "crociati del fare" , ma ho sempre pensato che le idee anche se discordanti vanno messe in evidenza per dovere di trasparenza e anche perchè da che mondo e mondo la cultura funziona così.

La riflessione viene riportata come personale ma in realtà bisogna dire che molti elementi sono simili culturalmente  nell'ideologia del movimento culturale-filosofico-politico di decrescita felice che in Italia ha il suo massimo esponente in Massimo Pallante http://www.decrescitafelice.it/?page_id=3

Questo lo dico non per sminuire il valore del post ma per completezza e per inserirlo in un contesto + ampio, qualcosa di + profondo di una piazza di paese.

L'economia del fare, l'economia del non fare , e l'economia del fare bene, se dovessi scegliere sceglierei con ovvietà sicuramente la terza ma bisogna dire che anche a discuterne a livelli di principio la cosa diventa difficile.
Lo stesso autore se mi consente alla fine ha illustrato  solo il fare e il non fare ma non si capisce bene in cosa consiste il "fare bene" perchè mi sembra coincida troppa col non fare.

L'originalità della critica della decrescita felice è quella di attaccare il criterio di produzione della moderna società industriale  facendo rilevare come non sempre questo aumento di  produzione coincida con un benessere sociale e individuale, anzi in taluni aspetti sia peggiorativo.
Se pensiamo all'inquinamento, ai rifiuti , anche ai sapori dei nostri cibi le analisi non sembrano del tutto infondate.
Tra l'altro anche la natura sembra ribellarsi e ogni anno illustri scienziati ci dimostrano come i nostri comportamenti condizionino  l'ambiente circostante determinando uragani  e tempeste.
La terra si ribella ci dicono e reagisce per mantenere l’equilibrio.

Ma a questo mi si consentano dei dubbi equilibrio di cosa? Dove sta scritto che la condizione naturale della terra sia la conservazione che sia l"equlibrio"?
dove l'equilibrio in un terremoto, in una supernova che esplode in un'asteroide che cade.

Per quel che sappiano la terra ha SEMPRE CAMBIATO prima era un tizzone ardente poi una melma fangosa, poi pieno di selci, poi ere glaciali.

Immaginare la terra che dialoga lamentosa è qualcosa di simile a quando in  passato si immaginavano gli dei che erano arrabbiati per la condotta degli uomini.
Persino nella bibbia c’è il diluvio, gli uomini peccano e la natura li distrugge , così come oggi gli uomini inquinano e c’è il riscaldamento globale, non si riesce ad accettare che la natura NON ha sentimenti morali che quando distrugge è talvolta un puro caso, una fatalità.
Non esiste alcuna legge naturale che dice che le specie viventi devono essere preservate forse la stessa vita è puro caso , i dinosauri non hanno fatto nulla per sparire, forse un sasso è caduto dallo spazio e una specie che aveva dominato il mondo per milioni di anni è scomparsa in pochissimo tempo.

Siamo convinti che i nostri errori possano davvero condizionare l’ambiente mentre i nostri stessi errori fanno parte di quell’ambiente, come l’ossigeno prodotto dalle selci che trasformò l’ambiente naturale iniziali determinando un cambiamento nella vita.

Il fatto di saper cambiare un po l’ambiente circostante e di essere giunti alla capacità di autodistruggerci col nucleare ci ha indotto a pensare di essere finalmente onnipotenti, ma la realtà è che anche se ci autodistruggessimo la vita continuerebbe ripartendo da dove viene  lasciata.

Bellezza, bruttezza considerazioni morali sono  proprie dell’uomo quando il vesuvio distrusse pompei ed ercolano non fece alcuna considerazione di carattere urbanistico o artistico capitò basta.

Per questo io dico che bisogna sempre partire dall’uomo in queste riflessioni, se mi si dice che il fare introduce bruttezze, problemi, ingiustizie o altro devo dire che il non fare ne può introdurre di peggiori.
Quanto costa un anziano che si immalinconisce perché il figlio non cura la vigna?
E quanto ferisce la demotivazione di un giovane che non può avere una casa  perché i costi di quelli esistenti sono alti?
Quanto offende il cuore la delusione di quei muratori che debbono emigrare anche per poter esercitare il loro mestiere non altamente qualificato?

Cosa significa fare bene? Significa non fare? Appellarsi ai buoni sentimenti umani? Quando fu introdotto il fordismo e le catene di montaggio furono contestate per la forte componente alienante che comportavano, eppure  ora non si sente parlare di alienazione perché è grossomodo superata dalle conquiste sindacali che si sono avute col tempo ma la fabbriche ci sono ancora non c’è stato bisogno di smettere di farle.

Non voglio dire che sia tutto oro ma invitare a riflessioni + globali, io sono figlio di contadini  e come tutti i contadini del sud avevamo l’allevamento di galline dal pulcino fino al pollo, una volta mia madre ha fatto un pollo di quelli allo spiedo e aveva un sapore eccezionale, niente a che vedere con i polli che vendono nelle pollerie, tuttavia  io ora mangio i polli di quelle pollerie abbastanza spesso perché costano 3 euro  e nessun allevamento rustico potrebbe venderti un  pollo a 3 euro ne ad avere quella produzione che consente di riempire città di girarrosto, e quel tipo di produzione consente a molti di mangiare facendo venire il problema delle pastiglie dimagranti ma facendo dimenticare quello della fame che fino a 50 anni fa c’era.

Il bene è un concetto morale inventato dall’uomo attraverso il pensiero per poter FARE BENE bisogna continuare ad usare quel pensiero che ci distingue dal resto della natura, bisogna indicare soluzioni non eliminare i problemi sostituendoli con altri che non ci toccano perché questo è egoismo questo è MALE

SC:
visto l'interesse suscitato  penso sia giusto proporre  il lo stralcio relativo al consiglio comunale riguardo la risposta data dall' assessore Rodolfo Guglielmino e dal sindaco Carlo Scibetta
al consigliere di opposizione Pippo Lamesa




inizia lamesa
8°  minuto (8:11) risponde Rodolfo Guglielmino

14:25 risponde Sindaco Carlo Scibetta
21:00 intervento Sigona e successivo battibecco Sindaco-Lamesa

SI RICORDA CHE L'INTERO CONSIGLIO PUò ESSERE VISTO IN QUESTO TOPIC

http://www.paraparlando.com/index.php/topic,202.0.html

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