Ascoltando, leggendo ed osservando i fatti di questi ultimi mesi è innegabile verificare nelle parole e negli sguardi della gente essenzialmente due cose: confusione con relativo senso di smarrimento ed inquietudine legata alla precarietà ed all'incertezza del futuro.
Sottostante alla su citata superficie emozionale alberga un sottobosco d'operosità ancora, però, troppo debole per dirsi elemento trascinante.
La domanda che mi/vi pongo è quindi: stiamo rivivendo, quasi come un déjà-vu, l'anticamera dei fatti italiani del '92 (tangentopoli, manifestazione esplicita di un attacco alle istituzioni da parte di lobby crimino-affaristiche, giustizialismo di giacobina memoria etc.)?
A ben vedere pare proprio di si ma questo vorrebbe dire che non abbiamo imparato nulla e che continuiamo ad essere la solita Italietta che alterna sprazzi di genialità a lunghi periodi di sonno intellettuale.
Volendo essere quantomai cauti e provando a riporre una fiducia quasi incondizionata nell' "umano" (Nietzche direbbe "troppo umano", a pensarci bene) potremmo illuderci di prendere per buona una qualsivoglia evoluzione della comunità italica e dire: "la storia non si ripeterà"..
Abbiamo nomi di aggregazioni politiche differenti che hanno provato a dar vita ad un modo "bipolare" di far politica come PD e PdL lasciandosi alle spalle le geometrie variabili della balena bianca DC.
C'è stato un accidentato tentativo di laicizzazione della politica che, purtroppo, è scaduto molto spesso in legittimazione di perversioni e psicosi di vecchi (e vecchie) bavosi assetati dell'ormai gioventù perduta. Ed in funzione di ciò (con le dovute scuse che porgo ex ante agli studiosi di psicanalisi) pare abbia preso piede la sindrome del mito delle lacrime da coccodrillo, visibili solo allorché il pasticcio è bell'e fatto.
Siamo nella fase discendente della parabola di un leader populista, Silvio Berlusconi, capace di sedurre ed abbandonare sistematicamente gli italiani. Un uomo fondamentalmente egoista che è riuscito a tramutare in pseudo virtù molti vizi italici (vanità, senso di giustizia ad intermittenza e talvolta manifesto d'invidia sociale, incultura libertaria, conservatorismo, pigrizia, furbizia accattona..) in modo da promettere orizzonti talora auspicabili ed al contempo con lui irraggiungibili (data la natura illiberale del personaggio).
Ed allora si ripropone il bivio (peraltro già discusso in questo forum) relativo a quanto fin ora espresso: siamo in presenza di un epigono craxiano o andreottiano? Oppure c'è una terza via.
Stiamo forse osservando colui il quale contribuirà, suo malgrado, a ripristinare lo stato delle cose pre '92? Siamo forse alle porte di una restaurazione piccolo borghese con la benedizione vaticana?
Sparito il sultano d'occidente gli squali si getteranno sulle membra finanziarie del suo impero. La famiglia Berlusconi avrà la tempra per resistere a tutto questo mettendoci "la faccia" a garanzia di interessi occulti (nascosti tra le percentuali azionarie) oppure mancherà la tempra (o la "faccia".. tosta, se volete) per far tutto ciò?
Forse poco importa tutto questo a quanti sostengono che munnu è e munnu ha statu (quindi munnu sarà...).
Pur tuttavia le giovani generazioni non possono esimersi dalla sfida e, per quanto disinteressate ed abituate alla delega (corollario della rappresentanza "di qualcuno" e non "di qualcosa"), dovranno fare i conti - me compreso- con il mondo che viene a bussare alla porta. Talvolta con viso cortese e con in mano un'opportunità, altre con gli occhi di un Breivik stragista norvegese o di una migniatta che pretende "u pizzu".
Volendo concludere potrebbe dirsi che non ci sono le condizioni affinché si riproponga un nuovo 1992. Società differenti e forse oggi meno consapevoli di allora (pur disponendo di strumenti comunicativi di gran lunga superiori).
Che fare, allora?
Qualcuno mi direbbe: iscriviti ad un partito e dai il tuo contributo con la lotta politica (e di potere). Per carità, magari avrebbe pure ragione. Tuttavia sarei in disaccordo continuando a proporre semplicemente "lo sforzo di dare il meglio di se" (per quanto insufficiente questo possa rivelarsi).
Ed alla fine (o all'inizio) chi saprà ridere diverrà padrone del mondo (cit.non letterale) - come disse un saggio italiano d'altri tempi-