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BONGIOVANNI:SORTINO, GRANDE ADESIONE, UN GRANDE GRUPPO, UN FORTE PDL
Francesco Di Mauro:
Vedi Enrico, noi siamo così. Renzi dice di rottamare e spunta Cesare che non si sa per quale motivo, o meglio faccio finta di non saperlo, lo paraGONA A vELTRONI.
Boh?
Ha ragione Grillo" Siamo noi un Paese col passato che non passa mai"
Ma credo che neanche Grillo andrà bene per Cesare.
Franco Nero:
Ragazzi,
Francesco,
il mio personale punto di vista accomuna Veltroni e Renzi nella parola disastro perchè non ho condiviso e non condivido tutt'ora le posizioni politiche di cui entrambi sono stati e sono protagonisti.
Ma veniamo seppur sinteticamente al merito. Non me ne vorrete se non articolerò in modo più esaustivo le prossime riflessioni che ve lo assicuro sarebbero meritevoli di molte ma molte più righe, che mi e vi risparmio per ovvi motivi di tempo e opportunità.
Da elettore e militante della sinistra ritengo Veltroni il maggiore responsabile della situazione tragico-schizzofrenica della sinistra italiana per due motivi in particolare, strettamente connessi:
Primo motivo:
è stato il maggiore teorizzatore del partito democratico, una formazione che come pensavo già nel 2007 non era assolutamente pronta a nascere per questioni squisitamente culturali e valoriali: purtroppo la confluenza in un unico partito di cattolici e socialisti non ha creato quel plusvalore che i più ottimisti paventavano, ma soltanto un sincretismo di idee e posizioni che hanno fatto di questa formazione politica una creatura ne carne ne pesce, zitta su tutte le questioni determinanti per il paese; una forza che riesce solo ad essere vaga, moderata, ondivaga, ambigua e balbettante; Una forza che tiene insieme De Benedetti e Dantoni, Colaninno e Cofferati.
Una forza che imita la destra ma che non ha il coraggio di abbandonare la parola spot "Sinistra". Una forza che tiene insieme Ichino e Fassina; che fa convivere antitesi e incompatibilità macroscopiche in nome della grandezza e dell'occupazione delle istituzioni, delle poltrone e delle poltroncine; una forza che in definitiva ha sposato un modello chiaramente liberista e che ha rottamato lo spirito socialdemocratico e riformista che la doveva ispirare...un partito di cerchiobottisti insomma o non vi ricordate il veltroniano "Ma anche"?
Secondo motivo:
Veltroni oltre ad essere il principale responsabile di questo parto frettoloso, è stato purtroppo il maggiore responsabile della caduta del governo Prodi. Non vi devo certo ricordare io la proclamata ricerca del Walter dell'autarchia elettorale in nome della sventurata "vocazione maggioritaria" e il crack che provocò in quella coalizione denominata Unione. Non commento poi la sua ridicola resa e l'abbandono del timone..
Su Renzi che dire: ..uno che fa discorsi populisti..preparati ad arte e che oltre la rottamazione non dice nulla se non di ridurre i costi della politica( una banalità con la quale sono d'accordo).....come gli ha detto qualcuno, prima di parlare del sindacato dovrebbe capire cosa significa lavorare.. e fare discorsi originali e non scritti da Gori per aumentare l'audience...
Su Grillo cosa devo dire? No comment, il qualunquismo non fa per me...
Continuo a preferire Nichi Vendola.
Franco Nero:
Ad integrazione delle riflessioni pubblicate, posto una considerazione in forma di lettera che postula l'idea che il liberismo radicale è la malattia e non la cura; che propone l'idea che la politica (specie a sinistra) abbia abdicato
al governo dei processi a favore della dittatura finanziario-economicista dei grandi speculatori.
Cari politici,
cari giornalisti liberali,
cari finanzieri,
cari banchieri,
cari economisti della new economy,
Finalmente cade la maschera.
Finalmente si svela in tutta la sua drammaticità il disastro sociale concepito all’alba della globalizzazione.
Esso è ormai davanti ai nostri occhi, dentro le nostre case, dentro i nostri conti correnti, sulle nostre tavole, operante e umiliante nelle nostre vite di gente comune, oltre ad essere l’ossessiva litania delle nostre televisioni.
Chi poteva o voleva indagare quello che si stava preparando non rimane affatto sorpreso dall’epilogo, d’altronde ha vissuto sulla propria pelle la scriteriata politica che ha piegato le aspettative dei più poveri, dei più giovani, dei meno tutelati.
Quelle aspettative oggi non sono nemmeno esili speranze; si sono trasformate in amarezza e disillusione. La mia amarezza, la mia disillusione.
L’amarezza è in uno personale politica e sociale. Tralascio la questione personale per concentrarmi sugli aspetti politico-sociali che in ultima istanza ugualmente la contengono.
La dimensione politica e sociale della mia amarezza consiste nel fatto di rendermi conto che il disegno ultraliberista, accettato anche dalla gran parte della sinistra di questo paese ed in buona fede dal popolo italiano, ha polarizzato gli squilibri sociali, divaricando all’inverosimile il gradiente della diseguaglianza ed allargando a dismisura le forbici dell’equità, tanto da stroncare quel ceto-medio di nuova formazione che era andato costituendosi lungo l’arco degli anni 70 e 80; un ceto medio per la gran parte di estrazione operaia e artigiana o montante dalla piccola e dalla piccolissima impresa.
È di tutta evidenza che il sistema economico mondiale oggi penalizza tutte queste categorie sociali.
Il mondo del lavoro salariato è attraversato da una faretra che taglia il diritto ad avere diritti.
Se i nuovi lavoratori salariati avranno contratti sempre più precari, i lavoratori “tutelati” sono chiamati ogni giorno a rinunciare a una parte sostanziale dei loro diritti per conservare il proprio posto..abbassando tuttavia il loro status sociale.
Il mondo artigiano e quello della piccola impresa è stato investito dall’avvento della grande industria e soprattutto dalla competitività dei mercati emergenti che hanno favorito oltremodo la stessa grande industria occidentale, attraverso processi di delocalizzazione che hanno di fatto smobilitato intere aree produttive anche nel nostro paese.
Processi ovvi che purtroppo non sono stati neanche governati, ne dall’Europa, ne dai singoli paesi, d’altronde a noi italiani basti l’esempio del non governo del passaggio Lira-Euro, passaggio che fior di economisti ritengono esser stato necessario ma che l’Inghilterra non ha fatto e che altri hanno gestito in modo più sostenibile vigilando su tutte quelle speculazioni che in definitiva nel nostro paese non hanno-nemmeno esse- fatto la fortuna di nessuno.
L’analisi per l’Italia è impietosa e misurabile da una serie di variabili oggettive che non sono certo io a poter determinare e che tutti possono verificare:
Grado di espulsione dal mondo del lavoro in età produttiva
Livello di disoccupazione giovanile
Livello di disoccupazione “intellettuale”
Grado di mortalità delle piccole imprese
Livello di delocalizzazione delle imprese dall’Italia verso l’estero
Qualità della contrattualizzazione del lavoro subordinato e parasubordinato
Qualità del sistema dell’imposizione fiscale
Livelli di evasione ed elusione fiscale
Propensione al credito da parte del sistema bancario
Propensione al risparmio
Livello dei consumi
Livello dell’incremento demografico.
Le risposte date le sapete già. Il modello liberista le ha date.. e sono molto chiare, specie nei numeri e nelle ricadute sulla qualità della vita delle persone e dei lavoratori.
La questione tuttavia è ripartire!
Non ci sono dubbi!
Ma come?
Con quale modello?
Validando ancora lo stesso modello economico-politico che non ha prodotto sviluppo e che anzi ha oggettivamente fatto regredire le nostre condizioni di vita?
Proprio questo è il punto che sostanzia in modo più pregnante la mia amarezza. Osservo molti teorizzare correttivi al modello, ma in ultima istanza il soggetto beneficiario dei correttivi non è il popolo e l'uomo, bensì l’andamento dell’economia in se per se, con il popolo e l'uomo nella posizione di chi deve sacrificarsi in luogo delle istituzioni economiche e del mondo finanziario; il popolo che dovrà sopportare il riallineamento del paese(dei paesi) con le esigenze dei mercati. Purtroppo nessuno pensa e tantomeno teorizza un riallineamento dei mercati con le esigenze del paese (dei paesi).
Assisto allibito a questo inseguimento.
Sono interdetto da questa degenerazione capitalistico- finanziaria; da questa disumanizzazione dell’economia e soprattutto della politica; dall’ incapacità di comprensione da parte di ampissimi settori delle classi dirigenti; dalla declinazione di ricette che non mettono mai strutturalmente in discussione la capacità di autoriformare il sistema capitalistico in senso più umanistico, con al centro la tendenza al benessere dei popoli, paradigma socio-politico che ha fatto grande l’Europa.
Si persevera nell’adorazione e nell’asservimento cieco ai mercati, come fosse impossibile riappropriarsi dei propri destini. L’economia che governa la politica invece della politica che governa l’economia.
Se il paradigma è questo non ci sarà altro sbocco che il caos e la violenza; non ci sarà altro epilogo che l’implosione del capitalismo come sistema di governo del mondo, contestualmente allo sfaldamento dello Stato di diritto, il quale non è più tale se invece di garantire i diritti li nega o li riserva soltanto ai detentori dei grandi capitali.
Se qualcuno volesse definirmi comunista o meglio "anacronistico" in senso stretto sbaglia, come potete leggere infatti mi basterebbe un sistema capitalista piu regolato, più connesso al benessere dei popoli pur rimanendo tale e cioè sistema creato a partire dal capitale, che tuttavia- sarebbe triste non ammetterlo- ha garantito complessivamente più benessere( seppur nella diseguaglianza congenita) di quei sistemi totalitari(fascisti e comunisti) che promettevano il paradiso in terra e che invece hanno soltanto regalato dittature e povertà.
Fate qualcosa, ..ma prima di agire abbiate il coraggio di assegnare il primato al buon vivere dei popoli.
enrico tomasi:
-no comment-
Berlusconi al G20 2011 "la vita in Italia è la vita di un paese benestante"
enrico tomasi:
Berlusconi - Il Bunga Bunga era una cosa innocentissima
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