Con il no dell'Assemblea Regionale Siciliana al provvedimento pensato da Innocenzo Leontini, dal primo gennaio dovrebbero iniziare le dimissioni a catena: niente più figli, padri, madri, sorelle e fratelli nella stessa giunta o consiglio comunale e provinciale. Tantissimi i casi nella politica isolana
Innocenzo Leontini Era un emendamento minuscolo nascosto tra le pieghe dell’esercizio provvisorio di Bilancio. Una leggina piccola piccola che in pratica doveva semplicemente prorogare l’entrata in vigore di un’altra legge, ben più corposa, approvata nell’aprile scorso. Mentre i deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana votavano l’ordine del giorno per salvare i conti dell’isola, rischiava di passare sotto silenzio l’emendamento “salva parenti”, un tentativo per sanare all’ultimo secondo lo status delle “famiglie” siciliane impegnate in politica. Un bel regalo di Natale per la casta in salsa sicula. Che però non si è concretizzato. L’Ars infatti ha bocciato l’emendamento, lasciando nel panico tutti i vari consanguinei che siedono negli stessi organi amministrativo dell’isola.
Approfittando del festoso clima natalizio, e forse della generale distrazione dell’opinione pubblica, Innocenzo Leontini, capogruppo del Pdl all’Ars ed ex assessore di Cuffaro all’Agricoltura, aveva inserito nel provvedimento di esercizio provvisorio il suo semplice emendamento-regalo, che nella sostanza non faceva altro che rinviare alla prossima legislatura l’entrata in vigore della legge 6 dell’aprile 2011. Legge che al comma 6 dell’articolo 4 disciplinava un semplice principio: “Non possono far parte della giunta il coniuge, gli ascendenti e i discendenti, i parenti e gli affini sino al secondo grado, del sindaco, di altro componente della giunta e dei consiglieri comunali”.
Un principio sacrosanto: se per esempio un Comune dovesse aggiornare il piano regolatore che modifica la destinazione, e quindi il valore, degli immobili come si comporterebbero i parenti che siedono nello stesso organo? Seguiranno le esigenze generali o decideranno in base all’interesse, e alle proprietà familiari? Proprio per questo era passata nell’aprile scorso la legge contro la presenza di consanguinei negli stessi enti. Ma potevano gli onorevoli deputati siciliani permettere che ciò accadesse? Che le famiglie politicamente impegnate venissero obbligate alle dimissioni di massa? Ovviamente no. Leontini quindi ha avuto la buona idea di inserire il suo emendamento-dono proprio durante una votazione tanto importante per i conti dell’isola.
“Di fronte ad una situazione sociale ed economica gravissima esponenti con ruoli parlamentari di primo piano impiegano il loro tempo e la loro fantasia legislativa per garantire le posizioni di famiglie di fedeli galoppini” aveva detto l’esponente della Federazione della Sinistra Luca Cangemi, l’unico a lanciare l’allarme. L’approvazione della legge a difesa della consanguineità della politica sembrava quindi cosa fatta. Oggi però il colpo di scena: il deputato del Pd Bruno Marziano ha infatti chiesto il voto segreto per l’emendamento “salva parenti”. E nel segreto dell’urna 34 deputati contro 26 hanno trovato il coraggio di bocciare il regalo di Leontini alle piccole caste familiari degli enti locali.
In pratica, dal primo gennaio in Sicilia dovrebbero iniziare le dimissioni a catena: niente più figli, padri, madri, sorelle e fratelli nella stessa giunta o consiglio comunale e provinciale. Un vero colpo soprattutto nelle realtà più piccole dove le correnti politiche sono spesso riconducibili a cordate parentali semplici o acquisite. Una micidiale mazzata soprattutto in prospettiva delle elezioni amministrative di primavera, dove magari le correnti familiari saranno obbligate puntare su un solo membro del nucleo.
I casi di parenti che sarebbero stati salvati dall’emendamento di Leontini infatti si sprecano in tutta la Regione: dall’isola di Favignana, dove l’assessore al bilancio Peppe Pagoto convive con la madre consigliere comunale Luigia Pastore, fino al piccolo comune messinese di Militello Rosmarino, dove la famiglia Lo Re gestisce da decenni la poltrona di sindaco e il consiglio comunale come un affare di famiglia (adesso sindaco è Calogero Lo Re dopo il padre Vincenzo, il nonno Calogero, zii, cugini e perfino la madre). Ma è nella provincia di Ragusa che la parentopoli negli enti locali raggiunge i picchi massimi. A Vittoria, con l’emendamento di Leontini si sarebbero salvati i fratelli Garofalo del Pd: Salvatore è assessore e vice sindaco mentre la sorella Arcangela siede in consiglio comunale. Avrebbero tirato un sospiro di sollievo anche i fratelli Salvatore e Giovanni Mallia, Pdl: il primo è assessore alla provincia di Ragusa, il secondo invece è consigliere provinciale.
Nella stessa situazione anche i fratelli Mandarà: in giunta con il maggiore Piero e in consiglio con il minore Salvatore. Piero Mandarà è poi il papabile candidato sindaco del piccolo comune di Santa Croce Camerina. Candidatura benedetta, come racconta il mensile Il Clandestino, proprio dal capogruppo Pdl Innocenzo Leontini: il padre dell’emendamento salva parenti infatti è eletto proprio nella provincia di Ragusa. Dove la famiglia, come in tutta la Sicilia, è sacra. Anche e soprattutto in politica. Questa volta però ai seguaci della politica familiare è andata male.
da:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/28/casta-sicula-votazione-segreta-bocciato-lemendamento-salva-parenti/180432/NEL NOSTRO CASO TRATTASI DEI FRATELLI PARLATO (UNO ASSESSORE UNO CONSIGLIERE)
PS: LEONTINI & CO. AUTOREVOLI ESPONENTI DEL FAMILISMO AMORALE