Dove l’occhio 
s’imbriglia sul piacere
giocherei al sogno
ma il sentire arranca
perché i silenzi
nel dopo echeggiano di nulla
e sono solo tempi e doni 
per te intesi ad abitare altrove
e per la mia 
utile torcia sulla comprensione
E sono forbici
e cesoie per germogli 
che un po’ smarriti 
sul fiorire si confondono
e coi tuoi segni
sui passi già finiti  
di naturalezza tornano
Capacità 
la tua 
che fa vetrina
su quanto il sacco che possiedi è colmo
tanto da sbarrare l’uscio al varco 
di ciò che io chiamo aurora e desiderio ovvio
Ma come l’abbondanza
che la magra sfama
o la marea
che l’arsura inonda
ognuno il gioco sazia
col metro che nella tasca cela
e così quel poco
che a te così bene calza
è gemello a guanto sulla mia pelle a seta
ma come l’errore della taglia
ciò che a te sta comodo
a me di corto e stretto avvolge
Ed è così
su tempi e danze divergenti
che il laccio slaccio percorrendo il dopo
e mentre tu ancora attendi chissà cosa
io sono già quattro giri altrove
tiziana mignosa
giugno duemilaundici